RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE tra sotto il cielo che intanto si rischiara; gli uomini hanno sulle braccia stracci addormentati che sono ragazzi, le donne recano infilati ai bastoni da peco-rari « mappate » e fagotti con le cose più strazianti e più care. Alcuni portano le ciocie, altri son più cittadini, tutti abbandonano probabilmente per sempre l’Italia. Milioni di Italiani se ne sono andati in qualche lustro, e troveranno certo lavoro, forse fortuna, ma non più Patria. I sorveglianti istradano: — Avanti la « torma » di Vallo Lucania, quella di Montoro Irpino, Nocera Inferiore. — Se ne vanno paesi interi a fondare città per altre Nazioni. L’Italia si svena. Ma nella redazione del « Pungolo » il giovane professor Nitti, « astro sorgente » dell’Ateneo napoletano, tiene pettegolo circolo: ci affolliamo ad ascoltare la parola cinica dell’economista che ignora i valori dello spirito. Egli giustifica la tremenda emorragia con la doppia formula: valvola di sicurezza contro il decadere econonrco — (« la fame, la fame » — grida con la voce dolciastra di obeso) — che può nascere dall’eccedenza della popolazione; cassa di risparmio in cui gli Stati stranieri ci versano regolarmente due o tre miliardi all’anno. « L’emigrazione è la salvezza del nostro Paese » — egli insegna da vari anni dalla cattedra, e le sue lezioni vanno formando una generazione di professionisti sfiduciati, inerti, rassegnati ora e per sempre all’Italietta. Egli collabora alla perdita di milioni d’italiani, si fa complice entusiasta di un delitto di lesa razza che non ha uguali nella storia di nessun altro paese, neppure della 296