RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE caricare sui camions le valigie dei nemici. Un’accoglienza familiare e premurosa per non dire affettuosa, un diffuso senso di simpatia e di compatimento per i nuovi arrivati. Renner, capo della Delegazione, è un tipo di professore di ginnasio, panciutello e barbutello, occhiali d’oro, passi e gesti lenti da uomo metodico, sguardo di padre di famiglia. Gli altri non sono più terribili di lui: c’è in tutto un sensibile sapore di commedia. Ascolto i commenti dei Francesi: molta indulgenza, molta condiscendenza, nessuna traccia di odio o di ostilità. Gli Austriaci non sono stati che i nemici degli Italiani: dunque, non interessano gli autori del Trattato di Versaglia... Poi non si sa mai, sperare non è proibito, l’Austria potrebbe diventare una bella pedina nel giuoco generale anti-germa-nico, e allora conviene tenerla buona. Il ricordo di Carlo Imperatore esule, caso mai, è un ricordo gradito: da Richelieu in poi, Francia e Austria, Parigi e Vienna, i due cugini borbonici, quanto cammino avevano fatto, anche da rivali, insieme o contemporaneamente, e sempre preoccupate di Berlino. L’Austria ha avuto un buon posto nella politica estera tradizionale della Francia, per secoli: e nel 1917, quando Parigi tentò la pace separata con Carlo, se ne ebbe una conferma clamorosa. In fondo, per il Quai d Orsay è stato, più che un grosso dispiacere, un grosso danno averla vista così inopinatamente sparire, oltre che prematuramente. Avrebbe potuto ancora servire tanto, l’impero absburgico, anche per limitare, osteggiare, intralciare lo sviluppo 66