RECUPERO DI ITALIANI SPERDUTI NEL MONDO no nostro. Cinquant’anni di emigrazione hanno portato al nostro passivo non solo la perdita di milioni di Italiani, ma anche la creazione in Paesi stranieri di industrie e di modi di produzione commerciale e industriale, che mai sarebbero sorti senza la nostra partecipazione, e che ora agiscono in concorrenza con noi. Abbiamo patito danno anche per aver reso capace chi non lo era, forte chi era debole, per aver trasfuso il nostro sangue in organismi o gracili o maltrattati da altri sforzi, per averli resi perfino forti affinchè di questa forza si servissero contro di noi. Una grande Potenza afferma nel mondo la propria cultura, il proprio spirito, la propria capacità di fornire ad altri popoli idee nuove e concorre, attraverso le vie superiori dello spirito e con i mezzi della propria civiltà, all’orientamento degli altri paesi e alla formazione nel mondo di quei nuclei di verità fondamentali che ciascuno può applicare a proprio vantaggio. Ma ritira dalla circolazione, fin dove può, la propria mano d’opera! L’emigrazione è indice di esuberanza demografica, ma anche di miseria economica, cioè di impotenza appesantita dal numero. Bisogna dare non operai alla siderurgica o all’agricoltura o alle industrie straniere, ma prodotti al commercio degli altri, idee ai loro politici, ispirazioni alla loro arte, orientamenti ai loro Stati, nuove formule alle loro organizzazioni sociali, e questo può farsi anche nei Paesi altrui in cui non ci sono masse italiane. Il prestigio dell’Inghilterra si è affermato nel mondo in un secolo, durante il qua- 329