Inghilterra e Ceuta, Spagna e Tangeri sui mercati iberici uno sciagurato trattamento; che, appunto perchè ha raggiunta una miglior condizione economica come Nazione e finanziaria come Stato, aspira, per il logico progresso delle sue energie, al riacquisto di un prestigio politico; e che a tale risultato può giungere ora, sia dando una più organica vita alla sua piccola colonia, sia incorporando in essa una città alla quale è riserbata una sorte sicura e di portata internazionale, sia sopratutto compiendo un gesto, rifiutandosi cioè di accettare danaro in baratto con territori conquistati. Tutti gli argomenti svolti dai giornali, dagli uomini di governo, dal Re medesimo, a Parigi, in favore della conservazione definitiva della zona alla Spagna e sopratutto dello incorporamento in essa del porto di Tangeri, hanno carattere politico che occorre rilevare. Sono l’affermazione di una volontà coloniale, sintomo importante di una rinascita nazionale che noi Italiani dobbiamo considerare molto da vicino. La Spagna è una debole nazione coloniale, ma insomma lo è. Se le si chiede addirittura di rinunziare a questa sua specifica caratteristica, vuol dire che i Franco-Inglesi non hanno tenuto conto che, ove ciò avvenisse, l’equilibrio già pericolante nel Mediterraneo ne sarebbe forse irreparabilmente scosso; nè hanno tenuto conto, e ciò può tuttavia apparire secondario, della forte reazione dell’opinione pubblica spagnuola all’apparire del pericolo di essere allontanati dall’Africa. È inverosimile come si sia fatta una questione puramente coloniale di un problema 175