Africa, Mandati, Gibuti: jamais, jamais, jamais. me, Scialoja ed io, il corso delle trattative condotte dal principio della Conferenza ad oggi, la gravissi-ma seduta del 7 maggio in cui gli Italiani sono stati esclusi dalla ripartizione degli acquisti coloniali, i negoziati svoltisi fino allora per ottenere un’equa applicazione del Patto di Londra, le vaghe speranze lasciateci di una qualche rettifica alla frontiera della Tripolitania con la Francia, la nessuna speranza di arrivare ad un accordo con Parigi su altre questioni, la certezza che non riusciremo mai ad avere Gibuti, e tuttavia la necessità di concentrare ancora su alcune richieste un’ultima volta tutte le nostre energie, per poter almeno riassumere in poche domande, ferme e importanti, le nostre estreme possibilità di successo. Quanto all’Inghilterra, essa ci lascia sperare il porto di Chisimaio e la valle del Giuba. In questo senso, la situazione può considerarsi immutata: è la medesima del maggio. Nessuno ci ha dato niente, nessuno vuol darci niente. Non vedo come possa risollevarsi la nostra posizione. In ogni caso occorre riprendere tutto da capo: riprendere che cosa? e da quale capo? Prima del 7 maggio, sono intervenute anche intese ufficiose tra i due « Alleati » per la distribuzione dei mandati sui territori già appartenuti alla Turchia: la Francia avrà (più tardi) Siria e Libano, l’Inghilterra avrà Irak e Palestina; così si chiuderà a nostro danno anche l’importantissimo capitolo del Medi-terraneo Orientale. Anche questa, del resto, è una storia sleale di inganno a noi. Fin dal 1916 Saivago Raggi al Cairo e Theodoli a Parigi, appresero che i 139