RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE piazze per manifestare la loro gioia incontenibile, viene convocata d’urgenza a Palazzo Borbone la Camera dei Deputati, per ascoltare le comunicazioni del Presidente del Consiglio. Riesco ad avere un biglietto d’invito per la tribuna della stampa estera, e trovo un posto tra la calca dei giornalisti di quasi tutto il mondo. Accanto a me un giapponese mi fa un primo accenno allo Chang-Tung. Sono troppo curioso di vedere quale trattamento sarà fatto al mio Paese in questa prima manifestazione ufficiale di pace: da quando abbiamo spezzata a Vittorio Veneto la forza militare absburgica, mettendo ginocchia a terra l’impero nemico, dai giornali francesi è quasi scomparsa l’Italia, quasi scomparso il nostro esercito, la nostra vittoria, la nostra politica di alleata. Si sente troppo che una gelosia sorda e attiva rode le nostre posizioni morali, su cui si basa il nostro prestigio e da cui parte la nostra azione; si avverte che un rancore malefico sta per attaccare i margini immediati della nostra situazione diplomatica nel campo alleato; siamo circondati dall’ostilità franco-inglese. L’immensa folla dei parlamentari che gremisce l’aula, fa un vocio assordante, che si trasforma in ovazione clamorosa e prorompente quando Pére la Victoire compare alla tribuna. Egli vi sale col suo passo da cacciatore di palude: riassume in parole ispirate ed espressioni crude e perfette gli stati d’animo e gli avvenimenti, gli sforzi e i risultati, il passato e il presente. Sembra, attraverso la sua voce, di intendere il respiro di milioni di petti che final- 18