88 tà degli eserciti della lega, e la discordia e confusione dei Cesarei, il che dette animo e cuore ai detti reverendissimi legato e vicelegato. Ed essendo sollevatele parti in Bologna e ridotta la città in moto ed in armi, tali nuove avute per mie lettere confermarono l’audacia dei guelfi, e depressero l’animo agli imperiali ed ai glii bellini. Inoltre, avendo in tali congiunture il reggimento e cittadini di Bologna spedito un oratore al pontefice, quando ancora era prigione, per richiedere a sua santità consiglio come avevano a governarsi, e se dovessero trattare con li Cesarei, e mettere nella loro protezione la città di Bologna, con offerta ancor loro di denari , dubitando essi pure che se li Cesarei ritornassero non saccheggiassero e rovinassero la loro città (e quest’oratore andava per nome di ambedue le fazioni ); giunto in Firenze, per avermi conosciuto e contratta amicizia meco quando io era in Roma oratore, venne a me, ed avendomi detta tutta la causa della sua legazione, essendo alquanto infermo, ed essendo le strade non molto sicu re, mi domandò consiglio di quel che aveva da fare. I» avendo conosciuta questa materia d’infinita importali za, e che da questa legazione, essendo il pontefice prigione e in mano de’Cesarei, si poteva giudicare certo che seguiva l’accordo di Bologna con li Cesarei ( il che se fosse seguito anche Firenze saria stata costretta a mutare e farsi imperiale, e poi tutta la Romagna ed anclie la Lombardia conveniva facessero il medesimo) comi11' ciai, come Dio m’inspirò, a dissuadere detto oratore eli* non andasse più oltre, e che ritornasse a Bologna; e discorrendo prima circa l’interesse pubblico della sua cit' tà, che tal concordia con li Cesarei sarebbe causa dell® rovina di quella, come era stata di Roma, e che gl’*1”'