143 di Cesare ha da essere contro di loro; mi hanno instato, dico, che io volessi fare intendere il tutto alla serenità vostra e pregarla di due cose. La prima che quella si degnasse di dar loro consiglio come si hanno in tanti travagli a governare, la seconda che quella voglia loro porgere aiuto in due modi; F uno di fare intendere all’ oratore del cristianissimo appresso lei residente, e così in conformità scrivere al clarissimo Giustiniani in Francia, che facciano il tutto noto a quella maestà, e con quella più efficace forma che si può 1’ astringano a fare valide provvisioni ed a venire prestissimo come ricerca tanto bisogno: l’altro, che la serenità vostra, essendo massimamente certificati che quelle genti che sono all/impresa di Milano non sono per far frutto alcuno, voglia disporre di esse ad assicurare questo stato: la qual cosa quella dee fare, e così il cristianissimo, sì per la unione e benevolenza, come per il beneficio universale, perchè si terrebbe la guerra lontana dalla Lombardia, e mantenendosi lo stato de’Fiorentini li conati di Cesare e del pontefice sarebbero nulli. Io ho risposto loro con ogni umanità e dimostrazione dell’affetto singolare che la serenità vostra ha a quesLa eccelsa repubblica , esortandoli a provvedere ai loro bisogni e ad essere di buon animo, che non sarà mancato loro nè dalla cristianissima maestà nè dalla serenità vostra in tutte quelle cose che si potrà, affermando loro però che della impresa di Milano io ne aveva ottima speranza e che non mi pareva da abbandonarla in alcun modo. Mi risposero che io m’ingannava, e che ne hanno avviso dal Martelli ' e che mi pregavano che io volessi pure con * Lorenzo, commissario de’Fiorentini presso il signor di San Polo.