54 gnava tagliarli lulti a pezzi ; ma il duca d*Urbino, 1 eccellentissimo Pisani ed io c’interponemmo dannando tale opinione, non volendo noi sopportare tanta iniquità; di modo che il reverendissimo Cortona facilmente s’indusse ad accettare l’accordo e a perdonare a tutti e data la benedizione, fu fatta la scrittura, la quale sottoscritta dal cardinale e dal duca d’ Urbino, i cittadini uscirono di palazzo, e lo lasciarono ai Medici. Sedato il tumulto e pacificata la città, s’ebbe subito avviso che il duca di Borbone era giunto a San Giovanni in Val d’Arno, miglia venti lontano da Firenze. In qual pericolo fosse in quel giorno la città con li lanzichenecchi cosi propinqui, eli nostri dieci miglia lontani, e le genti del marchese di Saluzzo dodici, con soli tre mila fanti nella città, e qual dovesse esser l’animo di chi in quel giorno si trovò in Firenze in tanto tumulto, e non sapendo chi fosse amico o nemico, si può molto ben giudicare. Il giorno seguente si trattò di far rientrare li signori Fiorentini nella lega del cristianissimo e nostra, e dopo molte difficoltà finalmente si conchiuse il trattato per l’eccellentissimo messer Alvise Pisani ed io in nome di vostra serenità e li signori Fiorentini, li quali dichiararono di voler essere inclusi e compresi come principali nella lega del cristianissimo e nostra, con obbligo di tenore in qualunque luogo d’Italia che paresse alla lega cinque mila fanti, trecento lancie, e cinquecento cavalli leggieri. La quale confederazione conclusa, venne nuova come il duca di Borbone aveva declinalo il cammino a man sinistra per la Val d’Ambra verso il * Il Gu icclardini fa onore a se medesimo di questa conclusione. Vedasi al Lib. XVIII.