9° tosto alla morte certa, senza speranza di fare alcun bene alia sua patria, anzi per porla in servitù dei barbari, pei star poi alla indiscrezione loro, e fare così grande offesa al pontefice. All’incontro gli dimostrai che non avevano da dubitare, perchè la lega era potente, le genti della quale erano nelle terre di Roma ed impedivano che li Cesarei non potessero venire in Toscana nè in Romagna, nè meno in Lombardia; ed oltre a ciò che i medesimi Cesarei erano inviluppati in Roma nella preda, senza denaro per li loro stipendj e senza modo di averne, e senza li quali non potevansi levar le genti, le quali volevano le loro paghe. Con queste e con altre ragioni, detto oratore rimase sospeso di modo, che dopo molte repliche fra noi si risolse ch’egli se ne tornasse indietro, e tanto più che gli allegai che un oratore di Mantova era anche lui andato fino al nostro campo per andare alli Cesarei, ma che per non aver potuto trovar forma d’essere sicuro, e passare per lo campo cesareo, era ritornato indietro, e questo era il vero. Mi disse detto oratore bolognese che conveniva-gli ubbidire al suo reggimento, e che andava ancora cui consenso del reverendissimo legato, e non sapeva coni« fare; eh’io almeno gli facessi due lettere alli predetti facendogli fede che io l’avevo consigliato a ritornare indietro, acciocché si potesse scusare almeno con quelle Io conoscendo che non era da pretermettere occasione per ostare a tanto pericolo che Bologna si facesse imperiale, gli promisi di far le lettere, e gliele feci; con le quali mi promise di ritornare, e così si tornò. Il avendo fatto intendere alli signori Fiorentini, fu loro d‘ gran soddisfazione; ed avendo io prima instato con lor° che non lo lasciassero passare , avevano risposto che