2Ò'9 venna e Cervia; ma questi signori dimostrano molto bene di sapere che non solamente per prezzo d’ una Ravenna e Cervia, ma eziandio di tutto Foro del mondo non si vende bene la libertà. A’26, nella piazza hanno dato il bastone con grandissima solennità e concorso di tutta la milizia e popolo di questa città al signor Malatesta; con il quale avendo io fatto il conveniente ufficio, ho ritrovato sua signoria molto ricordevole della servitù sua verso la serenità vostra, e desiderosa di aver occasione di poter dimostrare 1’ animo suo a beneficio ed esaltazione di quella, affermando di avere e riconoscere da lei ogni onore e bene suò, alla quale umilmente si raccomanda. Gli eserciti di fuori ogni giorno crescono di gente, e vi è giunto Fabrizio Maramaldo di qua d’Arno con fanti due mila. Per quanto s’intende fanno grandissimi danni d’iucendj e prede, di modo che d’ogni intorno ormai il tutto è guastato, nè si può più uscire da alcuna parte. Ma sebbene ogni giorno crescono le difficoltà e gl’incomodi, pure gli ordini buoni sono di sorte, e la costanza degli animi tanta, che non vi è alcuno che vedendo questa città, se non lo sapesse di certo, credesse che fosse da eserciti circondata '. ' Non posso astenermi dal riportare in tal proposito questo passo del Varchi : « Ciò nonostante si stava in Firenze non solo senza paura , ma « senza sospetto, e si viveva con tante e tanto diverse genti d’ ogni intor-u no nè più nè meno come se non vi fusse stato persona ; le botteghe staff vano aperte, i magistrati rendevano ragione, gli uilicj si esercitavano y le n chiese si uffiziavano , le piazze ed il mercato si frequentavano , non si ff facevano tumulti fra i soldati, non quistioni tra i cittadini; perciocché « sebbene erano fra di loro di molte gozzaje , e di cattivissimi umori _, es-tt sendo di tanti pareri, e in tante parti divisi, eglino nondimeno si aste-« nevano non che di manomettersi l’un 1’ altro coi fatti, d’ingiuriarsi « coile parole, diceudo: questo non è tempo di far pazzie, levianci so-