eserciti si aveva inteso, che il marchese del Guasto e Fabrizio Maramaldo avendo fatto la batteria, e a’ i3 dati alla città due assalti, furono non solamente ributtali, ma eziandio dal detto Ferucci,il quale con cinquecento fanti uscì della città, maltrattati per modo che ne restarono tra morti e feriti da settecento; e se non sopraggiungeva la cavalleria gli toglievano Fartiglieria, la quale già era in loro potestà. La qual nuova intesa dal principe inviò oggi quarto giorno in soccoi’so di quella impresa due mila fanti e buon numero di cavalli; e per quanto si intende il marchese aveva deliberato questa mattina con ogni sforzo di nuovo combattere la detta città. Di qui si spera la conservazione di essa, tanta è la fede che ognuno ha nel valore del Ferucci, e la speranza da lui data nelle lettere sue. Questi signori e questi capitani vedendo gli eserciti di fuori non poco minuiti per la detta impresa di Volterra, deliberarono di non perdere F occasione e di soddisfare all’universal desiderio di ciascuno di combattere. E così questa notte a ore cinque, avendo posta la città tutta in guardia della milizia, il signor Malatesta e il signor Stefano, con tutti gli altri capitani, uscirono con cinque mila fanti incamiciati alla volta dei lanzi che sono nel piano a San Donato in Polverosa, e li assaltarono nel forte loro con ottimo ordine e grandissimo animo da due parti; verso Arno fu Pasquin Corso, e dalla parte del monte verso Fiesole il signor Stefano, il quale ebbe due ferite di qualche pericolo, e l’uno e l’altro si portò con tanto valore che presero le trincee e tagliarono a pezzi da cinquecento lanzi; nè avevano però tra loro nell’ una e nell’altra parte più di fanti due mila e cinquecento, perchè il siguor Malatesta con il restante in