41 o cesco, e don Alfonso fratelli di detto signor duca, il duca di Parma, il duca di Palliano, il principe di Salerno, il duca di Somma, il duca d’Atri, il maresciallo Strozzi, il duca della Mirandola, il conte di Pitigliano, il sig. Lodovico Birago, il sig. Giordano, ed il sig. Paolo Giordano Orsino, e il sig. Francesco Bernardino Vilmer-cato. Celebrano la loro festa il giorno di san Michele, ed il loro abito è sajo e manto d’argento con un fregio d’oro intorno, lavorato a crescente di luna, ed in spalla portano un^cappuccio di velluto cremisino. Desinano quel giorno insieme col re in pubblico, ed il giorno seguente con il medesimo abito, ma di panno negro, intervengono all’offizio dei morti per l’anima delli cavalieri defunti. Sono obbligati di portare sempre al collo la figura di san Michele, che dimostra di ferire il diavolo con la lancia sotto li suoi piedi, ma li giorni più solenni portano il detto san Michele attaccato ad un gran collare d'oro lavorato a cappe con lacci che le legano insieme, il quale il re dona a ciascun cavaliere con obbligo di essergli restituito dopo la sua morte. Possiede anco il re la maggior parte dell’isola di Corsica, stata dei Genovesi, li quali ancora ritengono Calvi e la Bastia. Fa sua maestà fortificarla nelli diversi luoghi, e principalmente Ajaccio e Bonifazio; e se bene l’isola è poco fertile di qualsivoglia cosa, fuorché in una parte di vino, essendo quasi ¡tutta montuosa, però il re la stima molto per la comodità delli porti, e l’ha unita alla corona. Non vi cava al presente sua maestà utilità alcuna, avendola fatta esente da tutte le gravezze per dieci anni, ma si può bene prevalere di cinque mila fanti, buonissima gente. Vi tiene sua maestà al presente per guardie circa a tremila fanti francesi e sei galere