88 Romani in manodella sublimità vostra, o vero ambidue in mano del duca di Lorena, vassallo e congiuntissimo di esso re. E appresso, si contentava che il re (finché poi in termine di tre anni gli fosse dato lo stalo di Milano) tenesse libero in mano sua quel che tiene ancora al presente dello stato di Savoja di qua e di là dai monti, e delle cose di Picardia. Nè di altra cosa l’obbligava di presente se non d’entrare subito nella lega contra il Turco e di lasciare le amicizie suddette, e nominava per depositario il serenissimo re de’ Romani, suo fratello; il qual diceva (sebbeneda qualcuno poteva esser giudicalo un altro sè medesimo, nondimeno, perchè era per conservare lo stato di sua figliuola e per un suo genero, e aveva più rispetti diversi da lui, e per le tante sicurtà e cauzioni) dover essere reputato buono e sincero. Questo secondo partito proposto al re cristianissimo non fu accettato da lui; ma non lodando nè biasimando la deposizione , sì bene biasimava il depositario, nè però domandando che la persona di esso fosse commutata in un’altra, disse sempre, la sua ferma intenzione essere, di non volersi obbligarea cosa alcuna se di presente non avevaloslato di Milano,dicendoperò che lo reputeria comedi presente,se ben gli fosse dato da qui a sei o sette mesi. Il qual partito, non accettato dal re cristianissimo, fu communi-cato da sua santità al collegio dei cardinali per avere in ciò il parer loro: nè ritrovò alcuno che non laudasse il deposito; benché da alcuni si dannasse la persona del depositario , parendo loro che questa fosse la medesima che era Cesare. E se questa si avesse mutata in altra più confidente, pare che fino dai cardinali amici del re fosse detto che, rifutando il re tal partito, avria il torto. Vedendo adunque il papa non si potere trovar forma a