restano, spetta ancora alla corona, la quale, secondo l’importanza delle vacanze, col differire di provvederle, si accomoda dei frutti più e manco lungamente. Ha di più la corona tre o quattro mila lire di pascoli e di terreni all’ incontro di Calais e di Guines. Ne ha per venti mila lire nel regno d’Irlanda; ma queste non si contano, perchè a fatica bastano per le spese di quel regno. Ha le confìscazioni dei beni dei l’ibel- li, oltra le pene pecuniarie, che ha da molti tribunali. Tutte le quali entrate così ordinarie, come straordinarie, innanzi il tempo dello scisma, avevano nome di ascendere un anno per l’altro alla somma di cento cinquanta mila lire, che essendo quattro ducali d’ oro larghi per lira, sì come si ragionava a quel tempo la moneta, importava un seicento mila ducati d’oro. Queste, con l’usurpazione delli beni ecclesiastici, commessa con tanto scandalo del re Enrico Vili allora che si alienò dalla Chiesa, furono raddoppiale, ancorché con molta indulgenza e negligenza egli studiata-mente procedesse, lasciando che ognuno in quella rovina si accomodasse. Con questo accrescimento adunque fu stimata la corona ricca di trecento, e più mila lire all’ anno, che in quel tempo importavano meglio di un milione e dugento mila ducati d’oro. Di questa somma al presente la regina ha ceduto a beneficio del clero più di sessanta mila lire, avendo rinunziate le decime e quelle che chiamano le primizie (i primi frutti, cioè, di un anno che pagano i preti nell’ espedi-zione de’benefizj conferiti loro dal re), con aver di più restituiti i frutti e le entrale di ottocento e più benefizj dipendenti da abbazie e monasterj, che godeva la corona, goduti ora da quelli a cui dai ve-