3a5 farlo egli medesimo intendere. E volse la disavventura ch’egli cadesse insieme col cavallo, sul quale cavalcava, in un fosso così profondo che non si potè sollevar se non di giorno. Laonde la cosa andò che il re onorevolmente si ritirò; e son io certo che se non si partiva la notte il re, era costretto Fimperatore la mattina partirsi, e già di ciò s’aveva ragione, per la vettovaglia, e per lo freddo ed altro necessario. Dopo questo avvenimento, l’imperatore fu veduto mesto e doglioso, e medesimamente li capitani di sua maestà, che intendevano pur che d’ogni parte risonava come avevano malamente perduta la più certa vittoria che fossero mai stati per avere. Incolpavano l’un l’altro; e tutti volevano che se le sue operazioni fossero state ascoltate, intese bene, ed eseguite, la cosa a loro fusse felicemente successa. Dopo questa ritirata tentò il duca di Lorena, morto 1, la pace, quando venne in Valenziana, come quello che dalla guerra erano pervenuti anco allo stato suo molti danni. Ma non potè ottener altro che quando gli fossero proposte e dichiarate oneste condizioni di pace, non mancheria di accettarle. Tentò tregue, e a queste si ritrovavano tutte quelle malagevolezze ch’io scrissi. Finalmente egli in due giorni fu ¡spedito, perchè Cesare ne aveva poca voglia, e per non dare sospizione al re d’Inghilterra. Tentò anco il pontefice la pace, avendo mandato a Cesare il Cardinal suo nipote2 ; il quale pure fu x'isoluto 1 Vuoisi intendere il duca Antonio, morto nel i54i, e non il duca Francesco suo figlio, morto pur egli all’epoca di ijuesta Relazione, dopo un solo attuo di regno; ma come appare dall’anno della morte del padre, non ancor duca nell’epoca della trattazione di che si parla. a Alessandro, primogenito di Pier Luigi Farnese duca di l’arma.