204 pensieri grandi o di faccende, e che spesse fiate va alle caccie ed alli suoi piaceri; lo imperatore non pensa ad altro mai che a negozj,ea farsi maggiore. Dove il re cristianissimo è semplice, aperto e liberalissimo, e facile assai a rimettersi al giudizio e parere delli suoi consiglieri; l’imperatore è molto riservato, e tenace del suo, ed è duro nelle sue opinioni, governandosi più per sè stesso che per alcun altro. E così in tutte le altre cose sono di modo contrarii di natura, che il re medesimo disse un giorno all' eccellentissimo orator Capello ed a me, ragionando in materia delle tregue, che esso credeva che Cesare studiasse di esser tutto l’opposito suo; perchè se esso diceva che voleva pace, Cesare rispondea che non potea farla, ma che faria qualche composizione; e s'egli diceva di composizione, gli era risposto che erano meglio tregue; di modo che non si potevano mai incontrare di una volontà. Onde si potria concludere, che per diversi spiriti e contrarie nature che hanno insieme queste due maestadi, mal è da credere che si abbiano ad accordare. Bisognaria adunque che col giudizio vedessero quanto comodo sentiriano tutti dui della unione che avessero insieme. Il qual giudizio, sì come credo che sia grande in ogn'uno di loro, così si vede manifestamente che gli è guasto e accecato in tutto dalle offese che sono seguite tra loro maestadi, dagli odii crudeli, e dalle passioni, che non li lasciano vedere il loro bene. Perciocché lasciando stare tutte le altre offese, la presa del re cristianissimo, Fostaggio dei figliuoli, la capitolazione di Madrid, la impresa di Francia, che fu tentata già dui anni dall' imperatore, e ultimamente la opinione del veneno del serenissimo delfino, da che sono nasciuti