44^ gi continua mente invigilalo. E Sinan ambizioso, incostante, contumelioso, impudente, superbo, anzi di estrema arroganza, e nella pratica non ha alcuna sorte di maniera civile; ma come avviene, che la fortuna suol esser più compagna dei vizi che delle virtù, è sempre stato co-slui fortunato, onde è chiamato ancor dalli Turchi matto avventurato. Ha egli operato con il presente Gran-Signore, da cui non è poco favorito, e più facilmente per via delle Sultane, che Mustafà sia levato dall’esercito con le infrascritte accuse, o calunnie che fossero (e questo è l’altro dei due pericoli corsi da Mustafà). Diceva Sinan che costui, il quale doveva attendere all’esaltazione della casa Ottomana, aveva tutti i suoi pensieri ri-vulti all’oro ed agli acquisti; che vendeva i carichi e la giustizia; che per difetto suo, e per sua mera avarizia, l’esercito s’infettava essendo sottoposto a lutti i disagi, onde poi tanti ne morivano al giorno, e quei che restavano vivi, per le continue estorsioni andavansi alienando da quella antica devozione che hanno sempre portalo i Mussulmani a quella imperiai sedia; ch’egli aveva posto la casa Ottomana, avvezza per lunghi secoli alle vittorie, a manifesto pericolo di perdita ignominosa; che fu sempre dedicato alle fazioni ed agl’inganni; e che non ostante che la giustizia di sultan Selim avesse condannato le sue colpe a meritato fine, egli più astuto che giusto seppe schifare l’impeto della sentenza e talmente levargli l’intelletto, che di reo convinto si fece far visir, e grande, e in modo confidente, che non ostante che perfido ministro, fu però amorevolmente accarezzato. Han potuto così fatti olficj talmente nella gioventù e nella ignoranza di sultan Amurat, che revocalo l’accusato Muslafà di Persia, ha rimesso Sinan l’accusatore