34o seco loro virilmente, onde era tra loro divulgato che noi non solamente non avressimo mai ardito d’affrontarci seco loro, ma che da noi si sarebbe ceduto ad ogni loro volere. E questo s’era tanto confermalo dal nostro modo di trattare i negozj con tanti rispetti, dimostrando noi di fare una estimazione maggiore del vero delle cose loro, con poca cognizione delle loro debolezze, ed abbassando più della verità le cose nostre, che crescendo nella loro naturai superbia ardirono sperare di ottenere il regno di Cipro con una semplice richiesta *. La qual cosa non fu loro, per opinione mia, persuasa da altra occasione se non dal timoroso e basso nostro procedere; essendo veramente il negoziar dei Turchi tale, che come conoscono avere il piede sopra di qualcuno, più di ogni altra nazione lo vogliono superbamente cal-, pestare, ed allora con molta indegnità e danno si trattano le cose; mentre in altro modo procedendo, non meno con loro si può avvantaggiarsi, che con altra sorte di persone. E voglio pur dire che nei tanti mesi del mio bailato, il pascià una sol volta ch’egli si volle in un’udienza ritirare da quanto in un certo negozio mi aveva promesso, io allora partendomi con segno di non poca alterazione, e facendo col dragomanno grandi risentimenti, mi trovai talmente avvantaggiato che il pascià mi richiamò, e con molte parole grate si escusò, dan- 1 La corrispondenza del signor di Foix, ambasciatore di Francia a Venezia in quell’epoca, parte della quale si conserva tra i MSS. della Biblioteca Reale di Parigi, (ioii. n/a65) contiene il seguente inserto: Parole che ha da usar il ciaus alla Signoria di Venezia. « Vi domandiamo Cipro, qual ci darete o per amore o per forza, e « guardate di non irritare 1*orribile spada, perchè vi faremo muover guerra u crudelissima in ogni paese, e non vi confidate nel vostro tesoro, perchè « faremo che vi passi via a guisa di torrente. »