3 j3 nati Turchi, li quali allevano i loro figliuoli nel servizio delle moschee, ove imparano il Corano, finché venuti in età sono creati cadì delle lerre, che sono come i nostri potestà, e amministrano la giustizia, benché l’esecuzione resti in mano di chi maneggia le armi. Ma per venire a un’altra condizione della lor religione, dirò prima di tutto, che benché pochi siano quelli che tengono interamente buona la religione maomettana, e che siano fra di loro d’opinione divisa, come dirò, contut-tociò sono li Turchi osservantissimi nelle estrinseche apparenze, poiché pochissimi sono quelli che ommettono le loro ordinarie orazioni, e nessuno lascia il suo ordinato digiuno di un mese ogni anno. Tengono i maomettani per capo principale della lor religione il muftì, l’elezione del quale è fatta dal Gran-Signore, ma di persona stimata d’intelligenza, e di bontà di vita sopra ogni altra cosa. Questo muftì è appresso di loro in somma venerazione, ed in tanta autorità, che quando è fatto da lui una decisione nè anco il medesimo Gran-Signore la vuol rompere. S’ingerisce egli in qualsivoglia materia, sia civile, sia criminale, o di stato, ma ili modo però che da sé non s’intromette a comandare: sibbene è in libertà d’ognuno, quando gli occorre qualche difficoltà, di fare, con quattro parole di narrazione del fallo sopra una carta, un quesito a esso muftì, il quale poi con breve risposta, che loro chiamano fetva, ne dà il giudizio suo. Questo fetva prodotto poi dalla parte al giudice ordinario, è dal dello giudice terminata la causa conforme al fetva, se però la narrazione del fatto sopra la 'fuale esso è fondato contiene la verità. Nelle cose di ^alo poi servendosi il Gran-Signore dell’autorità di co-