24 l quale si era lasciato intendere, elio il suo signore vedendo la grande indisposizione del serenissimo suo padre essere tale, che giudicava che la vita sua dovesse essere breve, e desiderando che la pace che 1’ illustrissima signoria ha con esso, si conservasse con lui, lo mandava a Venezia per confermarla perpetua con gl’islessi modi e condizioni con le quali ora si osserva: la qual cosa avea posto nell’animo d’alquanti de’nostri qualche timore che ciò dovesse tornare di qualche danno alla patria, giudicando che tutto il maneggio di questo fatto il Gran-Signore, o per via dell’ ¡stesso uomo che era ilo, o vero per intercessione di lettere, saper dovesse. E sopra di ciò alquanti più volte si posero a discorrere e ragionare; tra’quali uno sempre teneva conclusione che per tal causa mai potesse occorrere cosa alcuna sinistra alla patria, fondandosi nel giudizio e nel sapere di quelli clarissimi senatori che governano la nostra repubblica, li quali essendo d’uno antivedere tanto saputo, giudicava quest’uno che avrebbero antiveduto a tutto quello che avesse potuto occorrere in ogni caso, e che però con la prudenza loro si sarebbero portali talmente, che sebbene, o per l’uomo oper lettere che avessero scritte a sultau Mustafà, il Gran-Signore venisse a sapere quello che loro avessero operato, egli non averebbe trovato cosa che ¿>li fosse dispiaciuta, e similmente a sultau Mustafà avrebbero soddisfatto. Di che costui non s’ingannò punto, perchè l istesso uomo che andò a Venezia fu preso, e le lettere che F illustrissima signoria scriveva a sultan Mustafà furono trovate, e dal governatore di Costantinopoli al Gran-Signore furono mandate; le quali capitarono una uiattina ch'io era andato nel divano (che cosi si nomina il luogo della udienza) per alcuni negozi miei, e furo/. ni. iG