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    Ma quanto più scorreva il tempo, tanto maggiore si faceva il sospetto della guerra contro la Repubblica Veneziana per molte verisimili congetture; per il che non restavano li clarissimi di usare ogni diligenza in penetrare i segreti dei principali della corte, nè lasciavano di frequentare l’udienza del pascià primo visir, per cavare alcuna cosa dalle sue parole, e tener vivo il negozio della pace, non mostrandosi però nè freddi, nè caldi, nè intimoriti per il pericolo della guerra, anzi ognora più ardenti e inanimiti,per la dignità della Repubblica Veneziana.
    In questo tempo determinarono li clarissimi, che alcuni di noi gentiluomini partissimo per Venezia per riscaldar maggiormente il negozio della pace, e conoscere con questo mezzo l’animo del Turco e de’suoi ministri; perchè tenevano per fermo che se i Turchi avessero avuto alcun pensiero di continuar nella guerra, non avrebbono in modo alcuno permesso che noi partissimo del paese loro mal soddisfatti, essendo instruiti dei preparamenti loro, e quasi certi del loro mal animo verso la Repubblica di Venezia; potendo ben essi dubitare d’ una nuova lega con li principi cristiani, la quale hanno poi essi medesimi mostrato quanto loro dispiacesse con la conclusione della pace. Per aver dunque licenza del nostro partire, fu mandato un dragomanno dei nostri al pascià, per farla dimandare con molta istanza. Ma non volendo egli concederla per alcun modo, andammo in persona per ottenerla; nè altra risposta avemmo, con tutto che la ricercassimo caldamente più volte, se non che non era buona creanza la nostra a voler lasciare il clarissimo ambasciatore, la compagnia del quale ci doveva sempre esser carissima, e che in oltre la stagione