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loro orazione; ma sempre che invocano il nome di Dio si piegano subito per segno d’eccessiva umiltà a toccare con la fronte e con le ginocchia la terra. Il cadì, cioè sacerdote della moschea, sta in faccia in un nicchio, che gli serve per piccola cappellettu, a far le orazioni, che è una parte secreta, che tutti gli altri, come il cadì, fanno secondo il loro costume, volgendosi ora a mano dritta, ora alla sinistra per i due angeli, che credono ancor essi che ognuno abbia ai fianchi dal nascimento sino al suo di fatale.
     Ora il sacerdote canta solo, e gli altri rispondono; ora agli altri volge la faccia, ova le spalle. Nessuno abito hanno di più nella moschea che fuori; ma sono però sempre senza le scarpe. Dicono i Turchi certe loro corone, sulle quali non fanno altro che invocare il nome di Dio con gli epiteti suoi di grande, misericordioso, pio. Le più frequenti grazie che chieggono a Dio sono per quelli, che vanno alla guerra. Nel chiamare all’orazione usano, in vece di campane, montar in cima a certi loro campanili alti, e sottilissimi; ed è meraviglia grande a sentire quanto si oda da lontano la loro voce. Del culto divino sono i Turchi forse più di tutte le altre nazioni solleciti, ed osservanti. Stanno nella moschea devotissimi, non vi sputano, non vi sbadigliano, nè attendono ad altro che all’orazione, nell’ora della quale abbandonano tutte le botteghe,i negozj, ed ogni traffico, né inai la tralasciano, e la fanno, come si è detto, cinque voile tra il giorno e la notte; due nell’aurora, l’altra a mezzo giorno, la quarta a compieta, la quinta innanzi le due ore dividendo il giorno naturale secondo le misure del nostro
‘ Vuol dire, secondo Ih misura mitica del tempo, due ore di uotte.