388 in «|nel modo che più avesse piaciuto al Signor Iddio, il quale conosceva 11011 essersi mancato dai signori Veneziani alla parola loro, e a quanto conveniva per conservare la pace, ed il riposo del mondo. Rispose il pascià che sebbene le cose pubbliche non erano passate bene per fino allora, però si poleva sperare, con il favore di Dio, che fossero per passar meglio per l’avvenire, poiché la guerra era dannosa all’una e all’altra parte; e che quanto al conceder licenza che si partisse l’ambasciatore, non lo avrebbe mai fatto, perchè sarebbe stato biasimato da ognuno, se avesse comportato che un ambasciatore, uomo già vecchio e poco atto a tollerare gli incomodi, e persona di tanto affare, si fosse avviato a un così lungo e diffidi viaggio in tempi così freddi e così nevosi, che era quanto mettersi a manifesto pericolo di lasciarvi miseramente la vita. Che però ritardasse il suo partire a miglior occasione, nella quale allora egli l’avrebbe favorito con quelle patenti più ampie che si potessero fare. A questa risposta furono simili tutte le altre date dal pascià suddetto a due o tre reppliche del- 1 ambasciatore. Finalmente dopo molti giorni e molte difficoltà, che continuamente nascevano, secondo l’ordinario dei negozj turcheschi, fu conclusa e stabilita la pace in quel miglior modo che piacque al Signor Iddio, e che a me non tocca dire ', e fu deliberato che i claris- ' Per questa pace la Repubblica di Venezia fu riconosciuta nei suoi antichi diritti commerciali, ma fu tenuta a restituire la città di Sepotò in Albania, da lei presa durante la guerra, a riconoscere la cessione dell’isola di Cipro, a crescere il tributo annuale per l’isola di Zante da 5oo a i5oo ducati, ed a paganie altri 3oo,ooo a titolo di indennità. Pareva (come ben dice Voltaire, Essai etc. cap. 160) che non i Veneziani ma i Turchi avessero vinta la battaglia di Lepanto. Il Paruta scusa assai, anzi mostra di credere, che questa fosse la sola possibile capitolazione; ma rimandandone la