107 Ma se il vincitore calpestasse il Piemonte, se, abusando della vittoria, si abbandonasse a quei disordini cui si lasciaron talora trascinare i generali vincitori; oh! allora noi verremo in soccorso dei deboli, in soccorso del territorio, non per ¡spogliarlo, ma per mantenerne l’integrità. L’onorevole sig. Thiers, e dopo lui il sig. Ledru-Rollin, dicevano che tre politiche presentavansi al giudizio dell’Assemblea. A parer mio, non ve n’ha che due di serie, quella dell’onorevole Rollin, la quale, che che se ne dica, è il ricorso al mezzo supremo, alla guerra, e quella della negoziazione armata: quella che noi vi proponiamo. Di puerili dimostrazioni, che non possono e non debbono essere seguite dalle loro logiche conseguenze, chi è che ne \oglia in quest Assemblea? Io dichiaro, in nome del governo, che non siamo certo noi; e quando recai una parola a questa ringhiera, io il feci moderatamente, entro i limiti della potenza di Francia; io la portai seriamente, perchè noi eravamo fermi di farla trapassare nei fatti, se tosse necessario. INon v’è altra politica. La politica dell’occupazione della Savoia, prima di sapere se v’abbia abuso di vittoria, sarebbe politica di dimostrazioni bastarde e puerili; di queste, noi non ne vogliamo. E perciò noi accettammo la risoluzione del vostro Gomitato, lasciando il governo libero di operare secondo i casi; nulla prescrivendogli di diretto e d’ immediato, il diretto e l'immediato possesso, perchè, cosi interpretata, noi non la vorremmo. Fra queste due politiche, l’Assemblea debbe oggi fare la sua scelta. Fra la politica che, ponendo sotto la pretesa tutela dell’onore della Francia l’indipendenza e l’affrancamento compiuto d’Italia, preparasse a tulli i casi di una simile dichiarazione, di un simile manileslo, e 1’ altra politica, la diversità è immensa. Quando il sig. Rollin invocando le parole che pronunciai, e che riferivansi in fatti ad una tesi, nella quale la quistioue d’onore era posta direttamente; quando il sig. Rollin lasciava capire che la guerra non ne sarebbe la conseguenza, ne appello a lui stesso ed alla sua coscienza, egli non credeva molto seriamente alla speranza che manifestava. Ei vi credeva cosi poco, che, riferendosi all epoca della rivoluzione del 24 febbraio, esprimeva un rammarico ; ed era che in quel momento di perturbazione universale, e quando la scossa di questa rivoluzione aveva minacciato tutti i troni, tutti i popoli che aspiravano ad un avvenire di libertà, di grandezza e d’ indipendenza, questi non avessero ricevuto l’appoggio della Francia. L’onorevole sig. Rollin diceva: Non bisogna tener conto che dei popoli: quanto ai governi regolari istituiti, sono nostri nemici. I popoli, le sollevazioni, ecco i nostri umici, ecco la nostra diplomazia. Mi duole di non aver indotto il nostro governo in una simile politica. Ed una tale politica, ch’egli non avrebbe seguito in quel momento di rivoluzione e di sconvolgimenti, prima che niuna relazione regolare si fosse rannodata coi go\erni esistenti, egli vorrebbe che noi la seguissimo oggi, in tempo regolare sotto un governo, nel punto in cui regolari negoziati esistono, che legano dal punto di vista dell’onore i governi, come i particolari. Gli è ad un tal punto che, rompendo lutti questi negoziati, t»lli q»esti impegni, non tenendo più conto dei governi, ma solo delle insurrezioni falle, o da