493 sparso inutilmente lagrime e sangue; e che fra tutte le pesti della misera Italia la più funesta e la più vergognosa è questa degl’intelletti dalle \ie oblique, dei Machiavellucci d’anticamera e di consulte, degli uomini di stato in trentaduesimo, ai quali, negli ultimi due anni, è toccato iu sorte di reggere la più bella, la più santa, la più grande impresa che tosse dato tentare ad uomini, la liberazione d’ un popolo schiavo da secoli , la creazione d’una Italia, cioè d’una Nazione ehe non può sorgere senza che la Carta d’Europa si muti, senza che l’umanità s’indirizzi per \ie nuove. Taluni fra coloro ai quali la linea retta non parla più breve c che preferiscono il sistema monarchico misto al repubblicano, per questo appunto che l’ultimo s’impianta sul principio semplice e chiaro della sovranità popolare e il primo sulla conciliazione dei tre inconciliabili elementi spettanti, a tre epoche diverse, monarchico, aristocratico e democratico , sorrideranno. E sorridano purch’ io li disprezzi. Io so che la potenza di tutta quanta la loro dottrina politica si libra fra un armistizio Salasco e il dissolvimento d’un ministero Pinelli. La questione Italiana soggiorna in ben altra sfera : nella sfera de’ principii eterni, incancellabili, che assegnano a ventiquattro milioni d’ uomini afTratellati da Dio nella gloria, nel dolore, nella speranza, nelle tendenze, nella lingua, nella carezza dei canti materni, nell’alito che vien dal cielo, nell’ aspirazione che s’innalza da una terra conterminata dall’alpi e dal mare, una parte, una missione speciale nel moto progressivo della umanità: nella coscienza d’individui seguaci, a prezzo di vivo sangue del cuore, della Verità e impavidi a sostenerla avvenga che può: negl’istinti del popolo che non legge Machiavelli nè sa di ponderazione di poteri e di siffatte dottissime cose, ma procede, come il Genio, per intuizione, sotto gl’impulsi rapidi, concitali, impreveduti d’una vita collettiva, concentrata ad azione, virtuoso sempre quando opera spontaneo e soddisfatto a scegliere tra il giusto e l’ingiusto, fra la religione del Vero e l’ateismo di una falsa scienza inorpellalrice. Se la Patria non è per noi una religione, io non intendo che sia. V. E il popolo Italiano^ più grande e più logico de’ suoi dottori, ha sempre, lode a Dio, seguito la religione della patria e de’prineipii, non 1 idolatria dell’opportunità o delle finzioni legali. 11 nostro popolo cacciava il guanto di sfida all’Austria celebrando co’ fuochi delle montagne 1 insurrezione genovese del 1746, quando gli omiopatici della politica contendevano doversi vincere 1’ Austria colle vie ferrate e coi Congressi scientifici : cacciava il guanto di sfida ai propri governi colle sommosse, le manifestazioni di piazza e le irruzioni nei conventi gesuitici, quando ‘1 conte Balbo e compagni insegnavano, nei dovuti limiti, il diritto delle supplici petizioni. Il nostro popolo trapiantava la questione,, insorgendo iu Sicilia, dall’arena delle riforme amministrative per concessione principesca a quella degli Statuti politici, ossia dei patti fra cittadini e monarchi, quando i letterati che s’erano posti a capo dell’impresa Italiana rabbri\ idi vano alla sola idea d’una collisione violenta fra governati e