226 che, soverchiato dal numero degli assalitori, soccombe, difendendo l’onestà della consorte e delle figliuole, come pur troppo accade a questi dì e seguirà accadere finché non vuoti questa iniqua genia. L’onore non istà nell’esito dell’azione, ma sì nella causa che la conduce; perocché altrimenti onoratissimi sarebbono gli oppressori dell’innocenza, che non può opporre altro scudo che lo specchiato candore ond’ò abbellita. Badate, Germani, ricredetevi di questo errore che offende la santità di quel principio, che cooperaste gloriosamente a far rivivere fra voi. L’onor vostro adesso è interamente riposto nell’accorrere ovunque a rimarginare le piaghe aperte dal dispotismo, e nel sindacato rigido de’suoi storti consigli per raddrizzarli e condurli sulla via del diritto e del giusto. Prima e principalissima vostra gloria, donde splendidissimo onore ne verrà alla nazione alemanna, quella dee essere di asciugare le lacrime dell’Italia e della Polonia, spremute e tramescolate col sangue a larghi rivi dal comune loro oppressore, cooperando a rilevarle e a riporle in quello splendore di nazione in che sapeste collocare voi medesimi. Per noi altro non domandiamo, che solo paghiate un debito di giustizia, che lasciate di opprimerci, decretando o concedendo che si decretino eserciti a nostro danno. Noi non possediamo niente del vostro, che ce lo abbiate a ridomandare; e promettiamo per quella santità di ragione che ci chiude fra il mare e le Alpi, che noi, nò i figliuoli nostri porranno il piede giammai oltre quel termine che Dio assegnò alla patria nostra. Non vi lasciate ingannare da una fallacia di onore che inchiude il delitto, e vi conduce a ricalcare quelle orme medesime, che stamparono e stampano i despoti e i tiranni. Avreste a perpetuo rimprovero la ragione, là coscienza e la storia. E quale sicurtà promettervi nel principio quivi per voi risorto quando foste i primi a conculcarlo ? La necesità altrui incontanente il distrugge. Non vi esca di mente che siete pur cinti da popoli quivi barbari e quinci generosi e culti, contro a’quali non v’ha altra sbarra che, o la santità di nazione la quale estenda e propaggini la civiltà e la pace, o un prossimo o tardo scrollo che vi rincacci nel servaggio onde usciste. Venezia, a’di 5 luglio 1848. B. BIZIO. 20 Maggio. Ragguaglio sul fatto d’ armi seguito in Roma tra le truppe della repubblica francese e quelle della repubblica romana, il giorno 30 aprile. II tempo necessario per raccogliere dai diversi capi militari i particolari relativi al fatto d’armi del 50 aprile, con che i Francesi vennero respinti dalle mura di Roma, ci ha impedito finora di mettere fuori una relazione categorica. Ora che tali particolari ci sono stati minutamente trasmessi, adempiamo a questo dovere con quella scrupolosa esattezza, che viene reclamata dalla severità della storia e dalle giuste esigenze del pubblico. Sin da! giorno 29, il comandante supremo delle armi della repub-