G7 di una formidabile accusa, e noi non vogliamo precorrere al giudizio che dovrà, non mai troppo presto per l'impazienza pubblica, profferirne il tribunale competente. Ma domandiamo: coinè si spiega che a Mortara i nostri abbiano piegato e siensi sbandati innanzi a un corpo di nemici notabilmente inferiore di numero e di forze? Come si spiega che in alcuni luoghi, alle nostre truppe, sul nostro suolo, siano venuti meno i viveri? Come si spiega che il governo, il quale doveva e certamente voleva provvedere, non abbia avuto positivi riscontri, se non quando non era più luogo a provvedimenti, se non quando uno stesso messaggio annunciava che Carlo Alberto aveva abdicato, che l’esercito era disciolto, che era conchiuso un armistizio, che tutto era perduto! Ah! no; non ci occorre aspettare l’esito della inchiesta che ci fu promessa da quel ministero, il quale non dubitò d’ assumere la respon-sabililà dell’ignominioso armistizio di Novara: no, non ci occorrono particolareggiati ragguagli per riconoscere in tutto ciò l’opera del tradimento. L’inchiesta, i particolareggiati ragguagli ci dovrebbero far conoscere i nomi dei traditori, le arii varie a cui ebbero ricorso, i loro inganni. Se non che, neppur di questo abbiam bisogno: noi già li conosciamo i traditori, e li conosce il paese: noi conosciamo e il paese conosce le arti loro, i loro inganni. Sono quei dessi che hanno raccolta la trista eredità di tutti gli odii, onde furono in questa nobile ed infelice contrada gravati e contristati, dagli ultimi anni del secolo caduto a questi giorni, gli amatori della indipendenza e della libertà. Sono quei dessi che alle lor grette superbie, agl’ ignobili loro interessi, a meschine soddisfazioni di vanità, hanno sempre posposto 1’ onore e la salute della patria. Sono quei dessi che miserabili d’ingegno come di cuore, schiavi d’indecorosi pregiudizii e di ozii più indecorosi, e perciò abituati a farsi maschera d’ipocrisia delle cose più sante, hanno del continuo contrariato ogni incremento di liberali ¡[istituzioni nel noslro paese, cercato di gettare il vitupero e il sospetto sugli uomini clic le promuovono, sostenuto il despotismo nostrale e forestiero per farsene puntello alle loro aperte o coperte dominazioni ed influenze. Che potente congrega formino costoro e come si allarghi per varii rami nel paese e fuori, non è bisogno di dirlo. Il prodigioso italico moto dell’anno scorso gli sbalordì per modo, che non ebbero tempo ed agio di tessere in su l’atto la tela de’lor tradimenti: ben ne prepararono l’ordito; né già è mestieri di accennare come qui ed altrove una siffatta generazione d'uomini si adoperasse a suscitar dissidi! municipali, ad attizzar discordie, a fomentar rancori, pur nei giorni che all italico risorgimento sorridevano le speranze più liete. Se non che, è il proprio carattere di siffatta fazione devota al male, che del male in ¡specie cerchi far suo guadagno, e allora si mostri più artificiosa, più pertinace, più gagliarda, quando le sia dato gettarsi su un paese desolato da qualche grande sventura. 1 lutti della patria sono le sue gioie, e però fu veduta rizzarsi dal suo sbalordimento allorché cominciò a volgere in basso la nostra fortuna sui campi di Lombardia. Quanta parte essa abbia avuto nei misteriosi casi del luglio e dell’ agosto, lo provano i casi presenti. E ben lo sapeva quel magnanimo re, clic, allora latto seguo a si crudeli sospetti ed oltraggi, non era altro che il