42S .,a debolezza, malignità, o tradimento, la causa degli italiani cosi splendi,la ieri, e perfino coll'astro della notte lasciato di bianco, di verde, e Ji rosso, oggi la si vegga al di sotto di un velo nero senza che la tua mano, o Pio IX, ancora lo alzi! — E nel vedere come tante madri e ■Mirili e padri e spose incontrandosi fra le domestiche pareti nella effigie If adorato tuo volto vicina quella dei loro più cari perduti, la guardino fiosso senza far moto, o da sè la allontanino sciamando: poveri inno-- nti voi immensamente amaste sulla terra, voi non aveste la vita come -vi vostra, o pei vostri parenti, ma tutta pel prossimo vostro non sentendo voi maggior carità quanto quella di dare la vostra vita a prò’dei fratelli ! Verrà egli un tempo come fu il nostro, nel quale tanto si ha creduto ed operalo? Io uè vado dubbio; poiché la fede nella sapienza, nel c raggio, nel genio e nella carità patria del pontificato fu tale da non l"jter»i neppure colla fantasia immaginarne un'altra più viva, più efficace più bella, perchè senza storia nel passato, e senza idealità nel futuro. — I nostri martiri combatterono in questa fede, con questa fede e r questa fede: essi credettero nel santo sacerdote, e credendo in Ini ledettero nella chiesa, nella religione, nel diritto d'una patria italiana ¡ei-diè italiani, nella santità d’una causa cui Dio slesso senza contraddirsi non può non volere; imperciocché è vero che tulli i popoli sono 'uuali in (accia di Lui, ma sempre restando quello clic sono, e serbando «iecoine un sigillo, la propria individualità. Ed io quando intendeva i ' grilizii di Pulmanova, i dolori, la fame, la mendicità, e i fatti delle rompili sulla nuda roccia di Osoppo; e quando il giorno 27 Ottobre uscendo dal forte di Marghera baciava il suolo conquistato dal vaiofb italiano, e vedea sventolare il nostro vessillo sulla torre dell'antico comune di Mestre, fra il suono delle paventate campane, a questo fuoco divino, io diceva, attinsero l'impeto, il coraggio e quasi l’onnipoteoza i nostri volonlarii italiani, c piangeva di ammirazione e di amore! Però li fede dei nostri martiri fu quella fede, per la quale diceva Paolo, che Gedeone, Barac c Sansone, che Jefte, Davidde e Samucllo debellarono i regni, turarono le gole ai leoni, estiusero la violenza del fuoco, furono loiii in guerra e rovesciarono gli accampamenti nemici: fu quella fèdaj 1 r la quale altri rifiutarono la libertà concessa dai tiranni amando medio le stirature, gli scherni, le catene e le carceri, ben sicuri che Irò« 'crebbero quegli che li fara un giorno risorgere. Se non che l’uomo anche eroe, circondato dai tributi più sinceri e 1 iù giusti della pubblica gloria per mezzo delle penne, dei monumenti, ■■ del tempo, posto in faccia di l)io agli occhi del «piale i cieli non sono [■uri, è sempre l’uomo nato di donna, è sempre l’uomo che muta ricolmo di miserie ed incapace a non sentire la creta: solo Colui che vive inori di noi e che Lui solo può dirsi che E\ saprà rendere mondo chi da impura semenza è conccputo. ISoi dunque tutti seguendo i pietosi riti, le sapientissima cure, e le ‘■ire speranze della chiesa, raccolti sotto queste volte che sembrano alzarsi in preghiera al Signore, e risentirsi dei melanconici canti e del >uoni testé emessi con amore e maestà da tanti cuori fedeli e gentili,