334 destro, e invitalo che vada a curarsi, risponde con un pugno di troppo scusabile dispetto, e rimane. È atterrala la bandiera italiana: il maggior Aosaroll va per rimetterla in alto; ma un cannoniere gl'invidia il pericolo, e corre in cima, e discende non tocco. Un Correr, patrizio, vecchio soldato di Napoleone, era venuto a far visita in quelli festivo al figliuolo, ch’era de’Bandiera e Moro: una bomba l’abbatte morto; il figliuolo cade sul padre a soccorrerlo; la bomba, scoppiando, lascia le due spoglie abbracciate. Non dirò la fermezza intrepida de’ feriti : chi negli spasimi del taglio narra della battaglia; chi prega lo taglino basso, che riman tempo a tagliare più su; espera anche senza una gamba ritornare al cannone; e con esempi di ciò si consola. Si dolgono per la patria, o del cannone danneggiato, non del proprio dolore. Con la febbre addosso balzavano al combattimento; e uno di quelli a mezza via cascò sfinito sul ponte. Quando seppero del dovere abbandonar la fortezza, non potevano prestar fede : e taluni gridavano contro, e invaginavano strani sospetti, anziché imaginare la necessità, la possibilità deli’ardarsene. E baciavano i cannoni e piangevano. Ai cacciatori del Sile fu forza fare inganno dicendoli destinati a difendere il ponte, e che altri verrebbero quivi in lor vece. Il prode Andreasi voleva dar fuoco alla polveriera, e là rimanere sepolto. Due dei Bandiera e Moro, uno de’ quali patrizio, si recarono sulle spalle un compagno amato, al quale nella battaglia di Sorio due ferite all’una e all’altra spalla avevano data un’insegna d’onore, e ora la bomba spiccava il capo dal busto; e se ne portarono a Venezia il cadavere. Tutti valenti al debito loro, e così nella disciplina, come nell’ardimento, militi fatti. Ma se sì potesse distinguere, converrebbe in ¡specialità rammentare i Bandiera e Moro, schiera sacra di giovani, che spontanei abbandonarono gli abiti del viver lieto, e durarono non solo contro i pericoli e i disagi, ma contro gli ostacoli e freddezze e le sconoscenze. Di varie città, di varie provincie, nobili, studenti, ricchi figli di magistrati, scrittori, uguali tutti e ne’ modi, e nel sentire, e nel salari« ai più poveri. Tra loro il servo de’ fratelli Bandiera, che il venti-due marzo liberò dalla carcere; e che diceva: io era già morto: tutto quel che io lo, oramai, gli è un di più. Tutti rassegnatamente sereni, ilaremente pensosi della Patria, consci della nuova dignità del loro e del comune destino. Di quasi dugento, in tanto infuriar della guerra, sei soli morti, ventiquattro feriti. Il maggiore Sirtori, milanese, che era per tutto, quasi sfidando le bombe, pareva temuto da quelle e con la sua pace invulnerabile ispirava ammirazione e fidanza, il colonnello Ulloa, che da Marghera ritornò generale, si guadagnò questo tìtolo. II nemico ebbe una fortezza di terzo ordine, perchè l’assaltò con forze esorbitanti,, diffidando vergognosamente del proprio valore : ebbe la fortezza, non vinse.