427 » inpre fresco e verde, che in luogo anche aspro e pietroso mette radici • \i\e tra i sassi: se alcuno lo schianterà dal suo po.»to, ei non ite sei»-:i: a detriinenlo uè pena, perchè è suo destino ripullulare nuovamente dalle sue radici, e alzarsi in polloni dalla medesima terra! » Ma non mi è ignoto che alcuni si ridono delle nostre dottrine, sfiorano le nostre speranze, e scherniscono i nostri alletti siccome follie. Ma, viva Iddio, non sono follie; perocché quelli che sentonsi mossi da queste passioni sono i soli capaci di fare qualche cosa di grande che superi le moni comuni degli uomini; sono i soli capaci di un profondissimo sen-iire, di una dimenticanza quasi assoluta di se medesimi, di una sete or* dm le della felicità altrui, e di tale virtù da nascondere il sagrifizio e filtrarsi alla riconoscenza. Le credule follie sono quell’amore, di cui gli antichi sapienti pensosi per riconoscerne la potenza universale e la pernione del principio lo conobbero un ente superiore alla nostra natura, "i una inclinazione celeste. Codeste follie sono quell’amore, al quale al-] i(leva l’apostolo delle genti, dicendo: noi siamo stolti per Gesù Cristo, r'i,iecliè il nostro amore non seguendo le le^gi ordinarie della prudenza, •• giudicato una stoltezza dai creduli savii. Che se i martiri della patria 'iranno detti insensati come quelli della fede, giudicheremo noi che il Ino amore sia cieco? Oh! no, i martiri della patria come i martiri della lede hanno veduto ciò che gli altri uomini non veggono, cioè che simili ■ liie riescono a grande sapienza mettendo per esse in atto quella forza il'anima che ci rende capaci d’una indomabile costanza, quantunque coinè scrive di sè l’animoso s. Paolo, sbalzati qua e là dal furore degli invasori portanti le catene, esuli dalla patria, coperti appena dalle in-rinrie della stagione, indossanti le pelli di pecora e di capra, poveri, raminghi, angustiali ed affli Ili ; e ci fa osservatori fedeli di quel sublime il'Italo del vangelo: non esservi maggior carità quanto quella di dare la sua vita a prò’ dei fratelli. Qua dunque sulla tomba dei martiri d’Italia ispiriamo noi stessi alle grandi cose! E qua convengano quelli che in sè tengono le prime lorze morali delle speranze e dei voleri del popolo! Letterali e filosofi, rendete preziose le reliquie dei nostri martiri, e sappiate trarre la vita da quelle aride ossa. Se alcuno fra di voi ha chiamato non meno duro 1’ avello anche all’ ombra dei cipressi e dentro all' urne confortale di pianto, ed abusò dei sentimenti più sacri dell'umanità per cantare con sublime arte l’illusione, e diffondere l’indifferentismo, e quella insaziata e sempre mutabile esistenza, che è H tarlo 'l'ila odierna società; e voi dal sepolcro attingete gli enti delle memorie, il cemento delle idee, la potenza per edificare e non per distruggere ! Sacerdoti ed oratori, noi siamo chiamati di preferenza a parlare in sana dottrina, e però più che ciascun altro ad intendere la ragione delle cose, le leggi della umauità, a sorprendere e manifestare le vie della provvidenza. Noi dunque non paventeremo la parola progrctto, quasi con essa si voglia scoprire a guisa di trovato scientifico una nuova morale ed una nuova religione, ni crederemo vivere I’ uomo di solo pane. (Wi abusi non appartengono alla verità, ma agli uomini, e noi vi opporremo incessantemente il vangelo. La nostra parola banditrice dell«