526 a me, perchè tacqui! Così avesse voluto il Signore che lutti i nostri figli avessero prestato orecchio alla nostra voce, ai nostri ammonimenti ed alle nostre esortazioni! Vi ricorderete, o V. F., quali clamori e quali tumulti fossero eccitati dagli uomini di un turbolentissimo partito, dopo l’allocuzione da noi or ora accennata, e come venisse a noi imposto un civil ministero, grandemente avverso ai nostri divisamente ai principii e ai diritti dell’ apostolica sede. Per verità, fin d’allora conoscemmo che sarebbe stato infelice Tesilo della guerra italiana, mentre uno di quei ministri non dubitava di asserire che la guerra stessa, anche noi contraddicenti e ripugnanti, e senza pontificia benedizione, sarebbe durata. Il quale ministro, a vero dire, facendo ingiuria gravissima all’apostolica sede, non ebbe timore di proporre che il civile principato del romano Pontefice doveasi assolutamente separare dalla podestà spirituale del medesimo. E lo stesso, poco stante, non dubitò di manifestare pubblicamente tali cose, che tendevano a togliere, direbbesi quasi, e disgregare il sommo Pontefice dal consorzio dell’ uman genere. Il giusto e misericordioso Signore volle umiliarci sotto la sua mano potente, avendo permesso che, per parecchi mesi, la verità per 1’ una parte, e la menzogna per l’altra si facessero acerrima guerra, cui pose fine l’elezione di un nuovo ministero, surrogato in seguito da un altro, che alla lode deU’ingegno univa la speciale premura di tutelare il pubblico ordine e di far osservare le leggi. Ma la sfrenata licenza di malvage passioni, e V audacia, vieppiù ogni giorno imbaldanzendo, ognora si accresceva, e, infiammati i nemici di Dio e degli uomini della diuturna e crudele sete di dominare, di saccheggiare e di distruggere, non agognavano ad altro che a rovesciare ogni diritto umano e divino, per porre ad effetto i loro divisamenli. Quindi le macchinazioni, da gran tempo preparate, apertamente e pubblicamente si manifestarono; quindi le vie cosperse di sangue, commessi sacrilega non mai deplorati abbastanza, e con indicibile ardire fatta a noi nello stesso nostro palazzo, nel Quirinale, una violenza affatto inudita. Per la qual cosa, oppressi da tante angustie, non potendo noi liberamente adempiere le parti, non che di principe_, ma neppur di Pontefice, non senza grandissima amarezza del-T animo nostro, dovemmo partire dalla nostra sede. 1 quali fatti luttuosissimi, narrati nelle pubbliche nostre proteste, qui lasciamo di più oltre rammemorare, affinchè la loro memoria non incrudisca il comune nostro dolore. > Ma^ tosto che uomini sediziosi conobbero quelle nostre proteste, imbaldanzendo con audacia maggiore e minacciando rovina ad ogni cosa, non risparmiarono nè frode nè inganno, nè qual si fosse violenza, per incutere viemaggiore spavento in tutti i buoni, di già prostrati dal timore. E dopo introdussero quella nuova forma di governo, da essi chiamata Giunta di stato, tolsero affatto i due Consigli da noi istituiti, si studiarono a tutt’ uomo di raccozzare un nuovo Consiglio, cui chiamarono Costituente romana. Inorridisce l’animo, ed è di grave sgomento il rammentare quali e quante frodi adoperassero per condurre a termine la cosa. Qui però non possiamo a meno di non retribuire meritate lodi alla maggior parte dei magistrati dello stato ecclesiastico, i quali, ricordevoli