227 Mica romana, gen. Avezzana, ministro della guerra, era pienamente istruito dello avvicinarsi del nemico perle moltiplici bande dei nostri esploratori, le cui relazioni erano anche confermate da un prigioniero francese, che nello stesso giorno cadeva in un’imboscata dei nostri avamposti. Nella mattina del giorno 30, il telegrafo, avvisando l’avanzarsi dell’oste nemica, la segnalava alle ore neve alla distanza di 5 miglia da Roma, ed il ministro della guerra inviava sulla cupola di S. Pietro un capitano dello stato maggiore generale, perchè, rimanendovi sino a che s'impegnasse il fuoco, osservato avesse tutti i movimenti del nemico, ed indagatone il numero e le intenzioni. Intanto tulle le misure erano prese in città per respingere l’aggressione con quella disperata energia, ispirala dalla santità del diritto e dalla giustizia della causa. Valide e numerose barricate a tutte le porle ed in tutte le vie, segnatamente sulla riva diritta del Tevere, impedivano ogni accesso in città : i bastioni soprastanti, coronali di cannoni, erano disposti a fulminare il nemico: e la giovine armata, fremente d’impazienza e di ardor bellicoso, accantonata nei varii punti in cui si prevedeva l’attacco, era disposta nell’ordine seguente. La prima brigala, comandala dal generale Garibaldi, e composta dalla prima legione italiana, dal battaglione universitario, battaglione dei reduci, legione degli emigrali e finanzieri mobilizzati, occupava fuori le mura tutta la linea da Porla Portese a Porta S. Pancrazio: la seconda brigata, composta da due battaglioni della civica mobilizzala e dal primo leggiero, comandata dal colonnello Masi, occupava le mura da Porta Gavalleggieri, Vaticano c Porta Angelica: finalmente la terza brigata, comandata dal colonnello Sav ini, e composta dal primo e secondo reggimento di dragoni a cavallo, formava la riserva in piazza Navona. La quarta brigata, composta dal primo e secondo reggimento di linea, comandalo dal colonnello Galletti, era in riserva alla Chiesa Nuova, e Piazza Cesarmi, con tutti i cannoni di campagna che non erano in posizione. Il generale Giuseppe Galletti, comandante dei carabinieri, il maggiore jVIanara col battaglione lombardo, formando dei corpi staccati, si tenevano pronti ad accorrere ove il bisogno esigesse. Ogni cosa concorreva a far ritenere che il nemico, forte di circa 8000 uomini, con due squadroni di cavalleria e dodici cannoni da campo, di\iso in due colonne, intendesse dirigere simultaneamente un doppio attacco a Porta Gavalleggieri e Porta Angelica. In effetto, verso le 14 del mattino, procedendo per Villa Pamfili, vi occupò due case, da dove incominciò un vivo fuoco di moschetteria e di artiglieria conlro Porta Gavalleggieri. Si mosse ad attaccarlo di fianco da Porla S. Pancrazio il prode generai Garibaldi, con tulli i suoi e col battaglione universitario; e quivi s’impegnò un combattimento micidiale ed ostinato, in cui cento fatti di bravura personale provarono che i moderni Italiani hanno tutta 1 altitudine d’imitare le antiche glorie dei loro padri. Resistevano tenaci • Francesi all’urlo del Garibaldi; lo respingevano ancora favoriti dal ■maggior numero, e dalle artiglierie che tiravano a scaglia; ma soprav-'eiuiti in rinforzo la legione degli emigrati, il battaglione dei reduci, la ^‘gione romana, comandata dal colonnello Galletti, e due compagnie del