524 lare gli animi e a ribattere gl’inganni degl’insidiatori, senza indugio alcuno, nel giorno 40 febbraio del medesimo anno, dichiarammo esser del tutto false ed assurde tali voci con quelle parole che tutti ben conoscono. E fin d’allora prenunziammo ai carissimi nostri sudditi ciò che ora, coll’aiuto di Dio, è per avvenire: che, cioè, innumerabili figli sarebbero accorsi alla sede del comun Padre dei fedeli a propugnar lo stato della Chiesa, se fossersi dissoluti quegli strettissimi vincoli di gratitudine, con che i principi ed i popoli d’Italia dovean fra loro intimamente essere uniti, e se i popoli stessi avessero trascuralo di rispettare la sapienza dei loro principi, e di difenderne e sostenerne la santità dei diritti. Sebbene però le nostre poco innanzi ricordate parole, per breve tempo recassero tranquillità a tutti quelli che avversavano al continuo disordine, non valsero tuttavia pei dannosissimi nemici della Chiesa e dell’umana società, i quali avevan già suscitato nuove turbolenze e tumulti, e così insistendo nelle calunnie che da essi e da altri a loro somiglianti erano state disseminate contro religiosi uomini addetti al divino ministero e ben meritevoli della Chiesa, eccitarono ed infiammarono contro di loro a tutta possa gli sdegni popolari. Nè ignorate, o venerabili fratelli, che a niente giovarono le nostre parole, dirette al popolo nel giorno 10 marzo dell’anno andato, colle quali grandemente ci studiammo di togliere dall’esilio c dalla dispersione quella religiosa famiglia. All’avvenire di tali cose, accadevano frattanto quei notissimi sconvolgimenti in Italia ed in Europa, e noi, alzando di nuovo 1’ apostolica nostra voce, nel giorno 50 marzo dello stesso anno, non lasciammo, per quanto ci fu dato, di esortare tulli i popoli a rispettare la libertà della cattolica Chiesa, e conservare l’ordine della civile società, difendere i diritti di tutti ed obbedire ai precetti della nostra santissima religione, ed a porre principalmente ogni studio ad esercitare verso tutti la cristiana carità, aggiungendo che, laddove non curassero di così adoperare, tenessero per fermo che mostrerebbe Iddio essere Lui il solo dominatore dei popoli. Già ognuno di voi pienamente conosce come fosse introdotta nell’Italia la forma del governo costituzionale, e come venisse pubblicato lo Statuto, da noi nel giorno 44 marzo dell’anno antecedente a’sudditi nostri concesso. Ma niente più desiderando gl’implacabili nemici della pubblica tranquillità e dell’ordine che il tentare ogni cosa contro il pontificio governo, e tenere agitato il popolo con continui tumulti e sospetti ; con i scritti dati alle stampe, coi Circoli, colle società ed altre simili arti, non cessavano mai di atrocemente calunniare il governo e taccia-vanio d’inerzia, d’inganno e di frode, quantunque Io stesso governo con ogni studio e premura attendesse a pubblicare, colla maggiore celerilà che potea, il tanto desiderato Statuto. E qui vogliamo far manifesto a tutto il mondo che, in quel tempo medesimo, quegli uomini, fermi nel loro proposito di rovesciare lo stato pontificio e tutta Italia, ci proposero la proclamazione, non già di una Costituzione, ma di una repubblica, come unico rifugio e sicurezza alla salvezza nostra, e dello stato della Chiesa. Ci torna ancora a mente quell’ora notturna, e tuttora abbiamo presenti agli occhi certi uomini, che, miseramente illusi ed ingannati dagli artefici di frode, non dubitavano di trattare in ciò la loro causa e