65 cui 1’ avevano gettalo i patti dell’ armistizio Salasco e le ambagi della mediazione. E veramente questa convinzione aveva così prevaluto nell’ universale, che il partito della guerra aveva ben pochi avversarli, i quali apertamente lo contrastassero: e questi neppure l’oppugnavano im modo assoluto, \olendo anch’essi la guerra, se 1’onor del paese la richiedeva, solo pensando che ancora vi fosse a sperare dalla mediazione. Di questa generale opinione ne fecero solenne testimonianza le ultime elezioni; poiché il paese fu allora appunto interrogato se volesse la guerra, se la volesse immediata; su’quali due punti cadevano, per questo capo, le differenze più saglienti fra le ultime dichiarazioni del ministero 45 agosto, ed il programma del ministero 46 dicembre. Ed il paese rispose col mandare alla Camera elettiva una maggioranza sì ragguardevole di rappresentanti della nostra opinione, facendo chiaro così che il volo della guerra immediata era voto nazionale. Obbligati ad essere fedeli interpreti di questo voto, che era pur quello della nostra coscienza, avremmo noi potuto esitare? L’ avremmo noi poluto, senza portare grave offesa all’onor nazionale, al patto che ci strinse colle infelici popolazioni delle provincie lombardo-venete e dei ducati, allo stesso popolare principio onde unicamente crediamo attignere la nostra forza ? L’ avremmo dovuto, mentre gli avvenimenti dell’Italia centrale, la resistenza dell’Ungheria, le voci corse d’una imminente alleanza austriaca e russa, accreditate dall’ ingresso delle truppe russe in Transilvania, le violenze nuove commesse dalT Austria in tanta parie dei suoi stati, la sempre crescente mole dei patimenti dei nostri fratelli delle provincie lombardo-venete e dei ducati, e lo stesso prossimo anniversario dell’eroica rivoluzione delle barricate, insinuavano più che in qualunque altro tempo la convenienza di rompere la guerra ? JNè già l’impresa ci si offriva tale da indurci altro sgomento, se non quello che nel deliberarsi alla guerra è ingerito dalle mulevoli sorti di essa anche nei popoli più sicuri della giustizia della causa loro e più baldi della coscienza delle loro forze. Ci doveva essere argomento di larga fiducia un esercito di 420 mila uomini, gran parte del quale aveva dato splendide prove di valore e di disciplina nella campagna antecedente, alla cui testa era stato posto 1111 Generale di chiaro nome, nelle cui file con atto sublime di patriottica abnegazione combatteva coi suoi figli il re stesso, che volle così dar più aperta testimonianza della sua devozione alla causa nazionale; esercito rifornito abbondevolmeute di tutto il bisognevole, confortato dagli stimoli più ellicaci e da solenni promesse d’ogni maniera di ricompense ed onori, accarezzato dall’ affetto di lutto il paese; esercito il quale, come avesse tocco il suolo di Lombardia, sarebbe stato per ogni dove festeggiato, aiutato, sostenuto da quelle generose popolazioni, impazienti di sorgere alla riscossa contro lo straniero. Non ci dovevano recare ad accogliere molte probabilità di riuscita 1’ attitudine del paese intiero, gl’incoraggiamenti che venivano dalla rimanente Italia, le forze nolabilmente inferiori dell’Austriaco, la stessa di lui arroganza, nella quale potevamo ravvisare a buon diritto un artificio con cui studiasse nascondere la propria fiacchezza? 1 rischi dell’impresa anche noi T. VII. 5