48 Il giorno A corrente cominciò sopra Genova l’attacco del corpo comandato dal gen. La Marmora. Dalla parte di S. Pier d’Arena ebbe principio il fuoco. In brev’ora la fucilata s’impegnò vivissima da tutte le parti. I forti risposero con assiduo cannoneggiamento sugli assalitori. La divisione di La Marmora dicesi composta di lo mila uomini, ai quali alcuno asserisce essersi aggiunta gran porzione delle truppe capitolate in Genova, tre giorni prima. Vili! hanno ingoiato l’onta e l’insulto davanti all’Austriaco vincitore nel loro paese, per correre a sfogare la collera della disfatta nel sangue de’proprii fratelli .... Vili! . . . Torniamo ai fatti. In un baleno Genova sorse e si coprì d’un nuvolo d’armati. Da quattro giorni e tre notti durava la disperata difesa quando noi ricevemmo le notizie che ora qui trasmettiamo. Il tradimento di un ufficiale piemontese aveva aperto un adito al generale La Marmora. Egli s’impossessò del forte della Lanterna e di là calò al basso, e d’improvviso si vide il palazzo Doria occupalo dai bersaglieri assalitori che da quel punto si appoggiavano per avanzarsi sulla città. Si eressero tosto barricate che sventarono il progetto del nemico. Il prode generale della guardia nazionale Avezzana, primo fra tutti, non si tolse mai dal cannone dove stava a comandare il fuoco. Intanto crescendo il furore degli assalitori, e facendosi sempre più ostinata e micidiale per il nemico la resistenza degli assaliti, i consoli francese ed inglese, sempre in nome dell’umanità, loro dea quando hanno paura, proposero un accordo. Le condizioni offerte dal generale La Marmora furono tali, che un urlo d’indignazione e di disprezzo fu la sola risposta de’Genovesi. Essi rifiutarono persino una tregua di 48 ore, e risposero col cannone all’ultime ambasciate del proconsole dei Garignano. Alla partenza dell’ultimo vapore da Genova, ieri sera, 6 aprile, le campane sonavano ancora a stormo. — Il cannone tuonava più assiduo — nuovi armati accorrevano a rimpiazzare quelli già stanchi per quattro notti di fatiche continue. Si attendeva di momento in momento la divisione dei Lombardi, forte di 45,000 uomini in soccorso de’Genovesi. Se il generale Fanti, che la comanda, non tradisce, è da sperare che La Marmora si avrà una seria lezione. La minaccia di sacco alla città, tuonata dal valoroso soldato italiano La Marmora aveva riscosso i più inerti. Genova, con un sol grido aveva giurato di cadere in cenere piuttosto che arrender le armi, piuttosto che subire l’infamia che sta sul collo al Piemonte. Dio aiuti que’generosi che ricomprano l’Italia dalle meritate rampogne.