186 fanatici ed esaltati non carpirono il potere per ambizione di dominio, o per avidità di lucro.'Spontanei sacrifìzii, splendide obblazioni d’interi patrimoni!, non estorsioni e scarse elemosine, fecero i suoi figli. Ella sola creò nel suo seno un’armata più numerosa di alcuni stati di decupla popolazione, e non per via di leva forzata, ma per volontario ingaggio di cittadini di tutte le classi, di tutte l’età; qui v’ebbe infine governo, non anarchia. Di questa vita di privazioni e fatiche visse fin qui quattordici mesi, cd era durar lunga pruova. Pronta sempre a cimentarsi, insieme ai fratelli,1 ne’campi delle battaglie contro al comune nemico, fu per breve tempo compagna a loro nella lotta, e versò il proprio sangue. Rimasta sola al cimento, sembrò divenire più gagliarda. Alla battaglia di Mestre, il dì 27 ottobre, uccideva al nemico più soldati, e gli togliea più prigioni, che non gli venissero uccisi e tolti in altre molto più decantate battaglie. Ora un’altra volta resta sola a combattere, e il nemico le si para dinanzi minaccioso e risoluto. Venezia con gaudio ha accettata la sfida, che nulla più temeva quanto le fosse per mancare la pugna, e che appena del nome di mendica e di buona la pietà dei lontani degnasse chiamarla. Venezia ambisce di più; e poiché si tratta di lesa nazionalità, vuol combattere a tutta oltranza, essere detta la grande, la forte, l’onore d’Italia. La guerra atfdimanda l’eloquenza dei fatti; e fu per questo che Venezia s’astenne dalla pompa delle parole. Ora però leva alto la voce perchè tuona incessante il cannone dattorno a lei, e perchè l’inimico, nell’atto di prepararsi agli assalti, sparge colla stampa le più false, le più insensate voci sul conto suo. Precipui strumenti di guerra al nemico nostro sono le arti della corruzione e del tradimento, le calunnie, le esagerate e false notizie delle forze proprie, le altere minacce, l’ipocrisia, l’insidia delle promesse. Non riuscito a corrompere la fedeltà dei Veneziani, frustrate le arti del tradimento, adopera adesso l’Austriaco la calunnia. la menzogna; e nei giornali di Vienna, come in quello di Augusta, diffonde le assurde voci della resa, chiesta dagli stessi cittadini, dell’interna anarchia, della squallida miseria, e dello spontaneo esulare delle più distinte famiglie. Poi, nell’annunziare il prossimo attacco, irride alla nostra protratta resistenza, nostro vanto (egli dice) finché era un fatto meramente negativo, ma dacché si tratterà di agire, di difendersi, di resistere davvero, ciancia pomposa e nuli’altro. E credendo di sgomentarci, enumera le proprie forze e ne raddoppia le cifre; e come porta seco al margine delle nostre lagune, quantunque inchiodati, buon numero di cannoni abbandonatigli nelle precedenti battaglie, così annovera fra gli assediaci quelle truppe, che destina invece all’intervento in altro stato d’Italia, o a qualche occupazione fatta di buon accordo coi principi. Ma l’Austria non arriverà a sgomentarci giammai, e molto meno, per dio! varrà a disonorarci in faccia al mondo. I fatti parlano troppo alto a nostro favore; e qui stanno rappresentanti di tutte le potenze d’Europa, de’quali, senza contare suìla simpatia, contiamo sull’onestà, uè vorranno mentire co’ proprii governi, e co’proprii connazionali; e quale sia la condotta nostra, quanto l’ordine, quanta la pazienza, quali le aspirazioni,