525 proporci la proclamazione della repubblica. La quale cosa certamente aggiunta ad altri innumerevoli e gravissimi argomenti, meglio addimostra le domande di nuove inslituzioni e il progresso, da tali uomini cotanto predicato, non avere altro intendimento che di fomentare i frequenti disordini, per togliere affatto ogni principio di giustizia, di virtù, di onestà, di religione, e di propagare, introdurre dovunque e far da per tutto dominare, con massimo detrimento e rovina di tutta l’umana società, l’orrendo, il luttuosissimo sistema del socialismo e comuniSmo, egualmente avverso alla naturale ragione che al naturale diritto. Ma quantunque questa terribile cospirazione, o piuttosto questa lunga serie di cospirazioni, fosse per se chiara e manifesta, tultavolta, per volere di Dio, rimase ignota a molti di coloro, ai quali la comune sicurezza per tante cause doveva essere sommamente a cuore. E benché i non mai stanchi autori dei tumulti dessero gravissimo sospetto di sé, pure non mancarono uomini di retto volere a porger loro una mano amica, forse mossi dalla speranza di poterli ridurre al retto sentiero della moderazione e della giustizia. Intanto, per tutta Italia insorse l’improvviso grido di guerra, pel quale una parte dei nostri sudditi, commossa e strascinata, accorse alle armi, ed opponendosi al nostro volere oltrepassò i confini del pontificio territorio. Conoscete, o V. F., di qual maniera, sostenendo noi le debite parti e di sommo Pontefice e di sovrano, ci opponemmo agl’ingiusti desidera di coloro, i quali volevano indurci a fare quella guerra, e richiedevano che noi sforzassimo alla medesima, che sarebbe stato lo stesso che esporla a certa morte, una inesperta gioventù, d’improvviso raccolta, non esercitata alla perizia e disciplina dulie armi, mancante di abili duci e sfornita di ogni sussidio a combattere. E questo volevasi ottenere da noi, i quali, sebbene immeritevoli, per imperscrutabile consiglio della divina Provvidenza innalzati all’altezza dell’apostolica dignità, facendo le veci di Gesù Cristo in terra, avemmo da Dio, che è autore di pace ed amatore di carità, la missione di provvedere con tutte le nostre forze alla salute di tutti, con pari affetto paternamente amando tutti i popoli, genti e nazioni, e non già di spingere gli uomini ad incontrare la strage e la morte. Che se qualunque principe non può fare la guerra che per giusti motivi, chi mai sarà tanto privo di consiglio e di senno, da non vedere apertamente l’intero orbe cattolico meritamente e giustamente ricercare una giustizia anche maggiore, e più gravi cause, dal Pontefice romano, se veda che il romano Pontefice stesso intimi e muova guerra ad alcuno? Per la qual cosa, nella nostra allocuzione, tenutavi nel giorno 29 aprile dell’anno passato, apertamente e pubblicamente dichiarammo essere noi del tutto alieni da quella guerra^ e nello stesso tempo ripudiammo e scacciammo un'insidiosissima offerta, fattaci tanto a voce che in iscritto, non solo ingiuriosa assai alla nostra persona, ma perniciosissima all’Italia, di voler cioè presedere al governo di una italiana repubblica. E veramente, per singolare misericordia di Dio, noi facemmo di adempiere il gravissimo dovere, impostoci da Dio stesso, di parlare, di ammonire e di esortare, e confidiamo quindi che non possano a noi rinfacciarsi le parole d’isaia: Guai