599 siri, ss poi dovesse sottostare alla perdita dell'anima sua: l'ascoltino infine anche i pielosi figliuoli della Chiesa, e, perseverando nella salutevole pazienza di Dio, e purgando con la massima diligenza la loro coscienza da ogni lordura di peccato, si sforzino d’implorare le misericordie del Signore, di rendersi a lui vieppiù cari, e di nuovo al di lui servigio consacrarsi. E fra questi nostri ardentissimi desiderii, non possiamo specialmente non ammonire o riprendere coloro, che fanno plauso a quel decreto, pel quale il romano Pontefice è spogliato dell'onore e della dignità dello impero civile, ed asseriscono clic quel decreto intende massimamente a procurare la libertà e felicità della Chiesa. E qui a noi palesemente e pubblicamente conviene affermare, non essere noi mossi a parlare in questa guisa da alcuna cupidigia ili dominio, nè dalla brama del principato temporale, avvegnaché l’indole nostra e la nostra mente sieno di troppo alieni da qualunque dominazione. Tuttavia il dovere della nostra dignità richiede che, per conservare e tutelare il principato civile della apostolica Sede, con tutte le nostre lorze difendiamo i diritti e gli stali della santa romana Chiesa, e le libertà della suntu Side, la quale è congiunta alla libertà e utilità della Chiesa universale. Ed in vero , gli uomini che, plaudendo al ricordato decreto, affermano queste cose cosi false ed assurde, ignoreranno, o forse s’infingono d’ignorare, essere accaduto, per una singolare disposizione della divina Provvidenza, che, divisosi il romano Impero in più regni ed in più varie dominazioni, il romano Pontefice, a cui da Cristo Signor Nostro fu affidata la cura cd il governo di tutta la Chiesa , acquistasse il principato civile per la ragione di poter reggere la Chiesa medesima e tutelarne l’unità con quella pienezza di libertà, che a sostenere l’incarico del supremo apostolato si richiede. Conciossiachè è manifesto a tutti che i popoli fedeli, le nazioni ed i regni non potrebbero prestar piena fiducia ed ossequio al romano Pontefice, se vedessero non essere egli libero e soggiacere al dominio di qualche principe o governo. E invero i fedeli e i regni non lascierebbero di grandemente sospettare che il Pontefice medesimo 11011 dettasse i suoi atti secondo il volere di quel principe o di quel governo, nel cui stalo si trovasse, e quindi non dubitassero di poterli di sovente, sotto questo pretesto, violare. E di fatti, dicano anche gli stessi nemici del civile principato dell’apostolica Sede, i quali ora tengono la somma delle cosa in Roma, con quale fiducia, con quale ossequio sarebbero essi per ricevere le esortazioni, gli ammonimenti, gli ordini, le costituzioni de! Sommo Pontefice, conoscendolo soggetto all’impero di qualsiasi principe o governo, massimamente poi se dovesse sottostare ad un principe, che da lungo tempo fosse in guerra col romano governo ? Frattanto, non è chi non veda da quali e quante piaghe sia ora afflitta l’immacolata Sposa di Cristo negli stessi paesi del pontificio dominio, da quali legami, da quale fortissima servitù sia sempre più e più oppressa, ed in quali angustie si trovi il visibile di lei capo. Imperocclì’è chi ignora la comunicazione colla città di Roma, col di lei clero a noi carissimo, con tutto l’episcopato e gli altri fedeli dello stalo pontificio , essere a noi impedita di guisa da non potere nemmeno nè spedire , nè T. vii. 34