473 nel rispondere con colpi di cannone sugli assalitori Croati, alle calunnie c agli oltraggi: Venezia, protesta vivente dinanzi a Carlo Alberto, alla Consulta Lombarda, alle fusioni dell'a/fu Italia, di questo misero soguo che l'ingegno e il patriottismo di prete Gioberti non seppero fare creduto. Il Piemonte organizzava. Cosi tutti i giornali ministeriali di questi quattro mesi d’inerzia. Il prestito piemontese dicevasi impiegato nel riordinare l'annata, nel provvedere alla guerra imminente. E per provvedervi con qualche alacrità si davano congedi illimitati ai soldati piemontesi, si licenziavano i più provetti e si formavan reclute, si dispulava sul migliore acquartieramento delle truppe durante l’inverno; si disseminavano dappoi i pochi militi lombardi più lontano che fosse possibile dalle rive del Ticino, vicinanza pericolosa (diceva il ReveI) per uomini che possono intendere da (¡nelle rive le fucilate tedesche —.....0 ministro ReveI, al di là di quelle rive suonano, è pur vero, i gemiti di una patria calpestata dai barbari, di una patria che implora, sanguinando, soccorso. Ministro ReveI, il vostro udito non va sì lontano! ............11 Piemonte organizzava. Carlo Alberto avea di già organizzato ! .... Pure alcuni generosi facevano risuonare le vie di Torino del grido «li guerra! Ed erano anche queste, come quelle di Francia, voci di minoranza ! Il cicalio delle polemiche e dei progettisti coprì quelle voci solitarie. Molta brava gente riunita, confederava l’Italia, principi e popoli, nelle sue discussioni serali; e agli applausi dell’uditorio, rapito ai prio-doni sonori dei confederanti, rispondeva cupamente di lontano lo scoppio delle fucilazioni che Radelzky intimava. La queriinoniosa Consulta Lombarda aveva un bel gridare a perdita di fiato: noi siamo fusi, salvateci, o re. — Invano il dabbene segretario della Consulta esauriva tutte 1« risorse reloriche del Libro dell'Adolescenza in proteste, in interpellazioni, in reclami. Ma un giorno finalmente il marchese Perrone, per farla fluita, sorse a rispondergli, in lingua francese, che la guerra sarebbe una follia, che l’esercito piemontese era disorganizzato, ch’era inferiore all’ Austrìaco per forza e per disciplina, che se anche i fatti di Vienna offerivano una buona occasione, meglio tornava l’aspettarne un’altra. E, per modo di corollario, aggiungeva che di tali cose non era poi prudenza ¡1 parlare in cospetto di tutta la Camera; non essere difficile che in seno all'onorevole Assemblea, l’Austria avesse un emissario referente. Così in Piemonte rispondevasi alla Consulta Lombarda, ai profughi del Lombardo-Veneto, all’Italia, spettatrice angosciata di tante e così lunghe vergogne! ..................................... Uh! io ben mi ricordo di avere un giorno sperato nel patriottismo dei Piemontesi, nel valore dell’armata, nella fratellanza tra il Piemonte, da lungo tempo quasi sconfinalo d’Italia, e le insorte provincie di Lombardia e di Venezia, lo ben mi ricordo di avere pregata, sul cominciar dell’Aprile, la fiducia negli sforzi riuniti di Ire provincie, la concordia fra quanti portavano il nome d’italiani. Poveri sogni! ingenue lusinghe! Sapendo che un Carignano era alla testa di quell’esercito, io parlai senza bruttare di quel nome la sperata fratellanza italiana, pregai concordia senza sospettare che questa parola d'amore sarebbe tradotto più