508 pararsi a combattere, non può finora che ordinar congiure e lo fa; ma noi fummo ia armi: siamo in armi; e la nostra parola, accetta o invisa «•li governi, guizza da un capo all’altro d’Italia, il nostro pensiero s’esprime con nessuno o con poco pericolo in piazze gremite di popolo, tumultua alle porte di Parlamenti dove si parla — tranne da qualche ministro — la nostra favella, splende a programma sulle coccarde dei nostri cappelli. E nondimeno quel programma, programma d’indipendenza e di guerra all’Austria, si consuma in suoni vuoti di senso, e giace, lettera morta, alle porte di quei Parlamenti, al limitare delle anticamere ministeriali; nondimeno, quella parola l’Italia farà da sè, suona parola meritamente schernitrice sulla bocca dei ministri di Francia uei loro colloqui cogl’inviati Italiani: meritamente dico, perchè tra quegli inviati che chiescr aiuto fraterno e si rassegnano umiliati alla mediazione sono gl’inviati di quel Governo, or rimpicciolito a Consulta, che ricusò, sprezzando, le profferte dei volontari francesi, dicendo non averne bisogno; sono gl'inviati del re che primo proferiva l’orgogliosa parola. Intanto, a ogni lagno, a ogni annunzio di protocolli futuri, ci giunge dal suolo Lombardo, risposta dell’Austria, l’eco di qualche fucilazione! « I Francesi fucilano in Madrid i nostri fratelli. » Io ricordo che queste parole, firmale e diffuse dall’Alcalde di Mosteles, furono, nel 1808, il segnale di quella guerra di popolo che consunse il fiore degli eserciti di Napoleone, emancipò la Spagna e segnò la curva discendente all’impero. XVIII. Noi vorremo: ma i nostri governi non vogliono. In nome di Dio, sorgete e rovesciate i Governi. Non avete oggimai esaurito ogni via per indurli ? Non vi siete voi trascinali per essi, con sommessione e ¡nudità credulità, d’illusione in illusione, di sogno in sogno? Non avete bevuto il calice d’umiliazione sino alla feccia? Il Governo che rifiuta oggi far guerra all’invasore straniero, è governo straniero. Trattatelo come tale. Intendo che tolleriate, se non vi sentite maturi per darvi leggi, un governo tirannico; non uno che sia tirannico e vile. Voi potete sagrificare per alcuni anni la libertà, la vittoria d’una idea; ma non perun giorno l’onore. Un popolo non deve, non può rassegnarsi ad esser creduto dagli stranieri millantatore e codardo. Ma se la forza delle abitudini è tanta in voi che, anche sprezzandoli, voi non sapete rovesciare i governi che vi disonorano : — se la funesta addormentalrice parola uscita dall’Aristocrazia liberale de’vostri maestri, la causa della libertà doversi disgiungere da quella dell’ indipendenza, ha solcato l’anima vostra di solco così profondo che tre anni di tradimenti e sciagure non bastino a cancellarlo: lasciate da banda i governi e fate da voi. Redimete, perdio, la vostra bandiera. Riunitevi, associatevi, operate. Traducete in fatti il pensiero. Fate della Penisola un arsenale, una cassa, un campo di militi per la crociata. Fondate in ognuna delle vostre città una Giunta d’insurrezione. In ognuna delle vostre città, in ognuna delle località importanti che ne dipendono, aprite un registro che accolga i nomi di quanti opinano per la liberazione della terra ove