4òt> 20 Giugno. LUIGI KOSSUTH e DANIELE MANIN. Quando il genio, il valore, la bontà e l’onestà del carattere, e forse da molti fino il nome del Dittatore d’Ungheria era qui poco conosciuto, si lece censura perchè io abbia paragonalo quest’uomo celebre al Dittatore di Venezia. Ma pei1 una singolare combinazione nel giorno medesimo 26 ottobre 1848 il National a Parigi, con dettaglio migliore, così scriveva: « L’Au-•« stria manca dell’autorità necessaria alla condizione sì francamente, e <» sì arditamente accettata. Un uomo altresì manca necessario a tal con-« dizione, un uomo come Manin a Venezia, come Kossuth a Pest, uuo « di qtic’ dittatori improvvisati, il cui ultimo ascendente concentri e com-« pendìi la forza moltiplua, e divergente delle insurrezioni. » Se ho detto altrove che non tulli gli uomini di stalo nascono senza cuoce, ora analizzando i sublimi sentimenti dei due illustri Dittatori dalle loro luminose gesta, ognuno scorge che questi Eroi ambidue chiudono in seno nobile, onesto, e magnanimo cuore. E per tal pregio eminente, il primo per cui l’uomo di qualsiasi condizione possa accumulare tutte le simpatie, ed una immensa sussistente eredità di affetti, appunto per la grandezza e bontà del cuore Kossuth è l’idolo degli Ungheresi, come Manin è l’idolo dei Veneziani. Veniamo ad altri paragoni, secondo le biografiche delineazioni. Kos-suth in lingua Slava significa Cervo; Manin in nostro dialetto significa Fregio, e più fregio del popolo. L’età dell’uno e dell’altro è pressoché uguale. Nel primo si scorge la venustà dell’orìgine Slava; nel secondo il brio dignitoso e franco dell’origine Veneziana. Ma nmbidue questi rari genii conoscono profondamente il carattere de’popoli a cui s’indìrizzauo; ciocche contribuisce a tutta poter formare la gloria e la felicità dei popoli medesimi. Tutti due spiriti penetrativi, dolati di seducente eloquenza, sanno svolgere con ispirato inteudìmento le loro idee, e spargerle dì traili ardili e brillanti. Gli Ungheresi hanno fatto, e farebbero qualunque sacrificio per soddisfare il loro caro Kossuth, come ì Veneziani lo hanno fatto e lo farebbero per appagare il loro caro Manin. Kossuth chiese cento milioni di franchi alla DielOj e furono subito per acclamazione accordali. Allora proruppe in queste sublimi parole: « M’inchino dinanzi la grandezza della mia pairia. » Ma nelle stringenze d’una sola città, nominata l’eroica Mendica, quanto non ottenne per la patria dai generosi nostri cittadini anche il benedetto Manin? Se Kossuth si prostrò commosso a quei nobili Magiari, noi con Manin dobbiamo lino i piedi baciare ai magnanimi sovventori della nostra cara Venezia; che non è servilità nè adulazione l’espandere lino a tal punto la gratitudine in tanto essenziale e commovente argomento. .Ma ira questi due veri Padri della Patria, fra questi due difensori