83 23 Aprile. IL 23 APRILE -1849. 0 Bella! a cui sorrisero Tutti i pensier di Dio, Terra ospitale all’esule, Provvido suol natio, Vituperato ahi! spesso Dallo straniero amplesso, Le tue franchigie or contano Un anno, un mese, un dì. Fu tempo in cui segnaronsi I dritti delle genti; Fu tempo in cui si tennero I patti dai possenti, E un giorno, un mese, ùn anno Ferma al nemico danno Avricn bastato, o Patria — Or non è più così! Ma, sia qual vuoisi ; impavida Ergi la nobil fronte, Lava nel sangue barbaro D’oltre a trent’ anni l’onte, 0 generosa e forte, La servitude e morte; Piesisti, Iddio lo vuole E il popolo il giurò. Non isperar che scendano A sostenerli in guerra Coloro che s’inchinano Ai regi della terra; Non isperar che solo Nell’animoso stuolo De’ figli tuoi, cui 1’ ultima Ora di duol suonò. ■Vedi ! non è la frivola Venezia dei trent’anni; E la città redentasi Al prezzo degli afTanni; Non canta oscene fole, Disdegna le carole E un sol pensiero l’anima: 0 vincere, o morir! Unanimi gridarono: Ad ogni costo! i forti; Fratelli, insiein stringiamoci, Meglio che schiavi, morti! Plauso l’Italia al grido, Ed al nemico lido Tuonando, impose tregua Al Teutono garrir. — Sul patrio altare, povero, Ma ricco di speranza L’ultimo soldo pongono, Modesti d’esultanza, I figli generosi — Prima che padri, o sposi Ricordino i magnanimi Che cittadini son. Disdegnano gli splendidi Palagi delle ville, Gli onori che contavano Gli anni per mille e mille, I vezzi, le blandizie, De’ figli le delizie E le agghiacciate lagrime E 1’ amoroso suon. 0 popolo cui diedero Tanta grandezza i fatti, * Ergi la fronte impavida; Resisti pur, combatti! Più generosa prole No non ¡scalda il sole, Nè fra le mute tenebre La gloria tua cadrà. Deh! venga il dì che libero Possa al fratei Lombardo, Coni’ ei già fece, porgere Ajuto il più gagliardo; Venga quel dì, non tardi, Che Veneti e Lombardi Rivendicata cantino La pallia libertà. —