454 fallo della cura de’suoi uflìzialì pel di lui ben essere, e mostrava«! impaziente di dar novelle prove di valore e d’italiano sentire. Scorgeva il Generale nel conlegno delle milizie, che freno, e non già sprone, adoprar si debbe verso di esse. Alla disciplina, di cui servir possono di modello, ed ai miglioramenti delle opere che difendono Slargherà, ha contribuito non poco la perseverante attività del Generale Paolucci. Il ten. rjen. comandante in cupo GUGLIELMO PEPE. 29 Aprile. Venezia da quattordici mesi porge al mondo e a sò stessa l’esempio di tale civile virtù, che ben n’è cancellata l’ontosa pagina del 97. Cin-quant’anni di tiranna oppressione non valsero a spegnere in lei le gloriose tradizioni di quattordici secoli di signoria e di grandezza; nel seno della molle e serva esistenza a lei fatta dallo straniero, ella serbava ancora nascosta la sacra, favilla del coraggio antico, e subitamente la suscitava. Venezia, con la scienza del sacrifizio, in sì alto grado da lei posseduta e praticata, con la costanza e fermezza nel suo proposito, con l’esemplare misura negl’impeti stessi della libertà nuova, da cui altri lasciò miseramente inebbriarsi e smarrì il retto cammino, ben mostrò e mostra di esser degna di quella indipendenza, che, com’è il più incon-testabil diritto di tutti i popoli, in lei è pur sacro retaggio degli avi, a lei rapito soltanto da mercato iniquo di potenti e da violenza bestiale, e ch’ella è risoluta ricomperare a ogni costo. Causa sì santa può essere abbandonata dagli uomini, ma non deserta dal cielo; e Venezia, la città d’ogni pia memoria, della cui fede la storia addita pruove sì luminose, e parlano tanti insigni monumenti, in sè stessa fidente, più ancora nel celeste favore confida, al quale invano mai non ricorse, ed il quale nelle estreme avversità mai non le falliva. Di questa fede sicura, di questa popolare pietà, or son nuovo testimonio le processioni, che, per invito del nostro governo, S. Em. il sig. Cardinal Patriarca indisse, ad invocare nelle presenti necessità l’aiuto possente della gran Madre di Dio. La benedetta Immagine, circondata da numero infinito di ceri votivi, esposta, come sempre ne’supremi bisogni e pericoli della patria, nel maggior altare della Basilica di S. Marco, riceve ogni giorno l’adorazione e le offerte d’una diversa parrocchia. Mai cerimonia non fu celebrata con affetto e religioso fervore più grande. Numeroso, immenso è ogni giorno il concorso de’fedeli alle sacre ordinanze. Non ha distinzione d’età, di condizione, di sesso; tutti sono stretti dall’eguale pericolo, tutti a Dio si rivolgono in un sentimento, e tutti al pio atto, alla medesima prece s’uniscono. La turba devota, non con altro apparato che il semplice segifb di nostra redenzione e le ardenti cere de’supplicanti, attraversa salmodiando la piazza; e quel canto, quelle fronti dimesse, quel raccoglimento severo, la intera città che si leva, ed avvolta nel cilicio di tanti e sì diuturni sagrifizii, mette nelle mani del Signor la sua causa, lo chiama vindice de’suoi diritti, è lai sublime e