213 riconosciula, ciò derivava soltanto dal considerare l’attitudine del governa Ir,incese, sia relativamente alla religione come alla democrazia, e si perdio l’ora non era suonala, il pericolo non ¡stringeva d’appresso come oggi; oggi che si combatte una guerra, nella quale con nuovi sforzi tenia V Italia torsi dal collo il giogo straniero. Ma se per noi si poteva, senza mancare al dover nostro e recar danno agl’interessi della nostra patria diletta, non domandarvi di riconoscere immediatamente ed ufficialmente ¡1 reggimento romano , noi potremmo oggi, perocché il domandacelo domani sarebbe tardi. Però ci sia concesso farvi osservare , come il governo francese , rifiutando conoscere nelle presenti congiunture la repubblica romana, lascerebbe incerti gli animi della sua simpatia per Findipendenza della penisola, e più arduo renderebbe ai Romani il correre a soccorso dei loro fratelli del Piemonte, come fecero nella trascorsa primavera sulle pianure lombarde, sotto le mura di Treviso e di Vicenza, con successo poco felice, è vero, ma non già senza gloria. La neutralità francese, sig. ministro, c’impedirebbe inviare al re Carlo Alberto quel soccorso che gli è dovuto; noi dovremmo rimanere sentinelle inoperose per sorvegliare alcune potenzi; pseudo-cattoliche, che sotto la maschera della religione preparano un nuovo Sounderbund europeo. La cagione, che di recente mosse il popolo romano a dividersi per sempre dal sovrano temporale ( permetteteci sig. ministro, richiamarlo alla vostra memoria) fu ¡’esser fatto certo, che il impalo, quantunque rappresentato da un uomo allora universalmente ammirato, non poteva che ostare alla causa dell’indipendenza, scopo supremo (astrazione fatta dalla forma di governo) di tutti i patriotti italiani. Ma dacché la Costituente romana ha deciso della sorte del principe, non è permesso a noi parlare più del Pontefice. Non possiamo però rimanerci dal farvi osservare che, non avendo egli approvato la guerra, nella quale egli stesso ci avea ingaggiato, e pubblicando quindi la troppo celebre enciclica del 29 aprile, quando appunto la fortuna sembrava volgersi avversa alle armi nostre, Pio IX infranse per sempre quel legame, elio il popolo romano congiungea ancora al suo principe , e comprovò quanto più chiaramente poteva, come il papato losse, e sia stato eternamente nemico alla causa sacra della italiana nazionalità. E di fatti, il papato non è stato di nuovo con quello, predicato il miglior dei Pontefici , non è slato per la misera Italia la pietra cosi chiamata dal Mac-cliiavello ? Sig. ministro , noi abbiamo ragione a sperare che la vostra risposta consuonerà ai voli di tutti i nostri concittadini, e seconderà la generosità dei loro sagrifizii. Un desiderio ci resta, ed è, che non sia lungamente attesa. Il cannone già rimbomba alle laide delle Alpi; la causa della civiltà contro la barbarie sta per essere giudicala da vicino a quel campo di Marengo # "ve una gloriosa reminiscenza dell’armata francese è pegno di solidarietà fraterna fra due nazioni. Esse ben molte volte combatterono per raggiungere il medesimo fine, il trionfo del vero Cristianesimo, l’eguaglianza fra gli uomini e la fraternità di tutti i popoli. Abbiamo adesso l'onore d'inviarvi, colla presente domanda la lei-