291 « Ben potremmo dirgli: Pagale il debito che avete verso Venezia! « Debito sacro. Le due Camere ed il re decretavano solennemente a Venezia un assegno mensuale di lire 600,000. Non è un pio desiderio, non è una vaga promessa diplomatica, non è un articolo segreto di qualche convenzione estorta dalla violenza; ma una legge, una legge votata dal Parlamento, sancita dalla corona, promulgata dal potere esecutivo. Se ancora v’ha qualche cosa di santo, d’inviolabile, di certo per la cornila, per la rappresentanza nazionale, pel ministero, pei cittadini, Venezia è creditrice nostra. « Ora, perchè pregheremo noi ? — Perchè pregheremo che una legge sia eseguila? « Oggi preghiamo; domani, se le preghiere saranno vane, sorgeremo accusatori inesorabili. « Ma amiamo meglio pregare oggi, che accusare domani. « Oh no! non è della ruina di Venezia che noi vorremmo farci infarina di opposizione; non è col sangue di Venezia che noi vorremmo comprare la testa di ministri liberticidi. Governale, o ministri, e ingiuriateci, e calunniateci, e strascinateci avanti i tribunali, ma pagale il sacrosanto credito di Venezia. Noi ve lo diciamo un’altra volta, e ci ricorderemo di quello che ora diciamo: molto v* sarà perdonato, se non farete che a, tutte le altre nostre sventure si aggiunga la maledizione di \ enezia ! « E voi, Massimo d’AzegliOj nome un giorno si caro ed onoralo a tutti gl’italiani, voi che avete assunto per divisa la rigida, P inflessibile legalità, voi non vorrete certo che lo strumento del potere vi si rompa in mano, voi non vorrete certo prepararvi questa terribile risposta : La maestà delle leggi fu violala dal ministero, fu violata per compiere il sacrificio di Venezia, l’assassinio d’Ilalia! « Ineffabili sono le nostre sciagure, ineffabili c disonoratili. Vinti senza quasi combattere, soggiacemmo alle discordie intestine. Il martirio e continuo e compiuto. Ma un patto di guerra, una parola d’onore lo rendono, se non altro, meno vituperoso per la nazione,, meno pregiudizievole per le conseguenze morali. Il popolo potrà dire che cedemmo, più che alla violenza dell’armi, ad uno scrupolo di lealtà. Una campagna di tre giornee poche centinaia d’estinti ci svogliarono della guerra. In un momento di vertigine e di confusione, i nostri capitani segnarono un patto nefasto, e quel patto fu religiosamente osservato; il nemico occupa le nostre provincie oltre la Sesia; il baluardo del Piemonte, che il Parlamento aveva dichiarato inviolabile, fu aperto ai battaglioni alemanni; i soldati lombardi, che avevano giurato di morire con noi, furono disarmati e ricacciali sotto la verga austriaca; la flolla sarda abbandonò le imprecazioni dei popoli le acque dell’Adriatico. Sta bene! Tulio questo era promesso nell’armistizio, e tutto fu mantenuto, anche quello ch'era vergogna, ch’era follia, che era crudeltà, che era suicidio. La parola d’onore era impegnata, la lealtà dei patti militari Io voleva; e il sacrifìcio fu consumato. « Ma per Venezia, per quella sublime Venezia che c’insegna come M combattano le guerre nazionali, por queila Venezia che, mentre i no-