506 nazionale può iniziarsi da chicchessia ; ma non può compirsi che da una Assemblea razionale. E quest’Assemblea non può uscire legittima ed efficace che dall’elezione popolare: eletta da Governi o da Stati, non potrebbe rappresentare che il vecchio principio, più o meno modificato, di smembramento contro il quale il paese s'agita e s’agiterà: — non può aver limile di mandalo, perchè ogni mandato chiamerebbe, più o meno, i vecchi poteri, contro i quali il paese è commosso, a decidere le condizioni della nuova vita cercata. L'Assemblea nazionale non può dunque essere che Costituente. Dove noi fosse, l’agitazione non soddisfatta ricomiucierebbe il di dopo. Non v’è che una Italia. L’Italia del Nord, le tre Italie, le cinque Italie sono bestemmie di sofisti o trovati di politica cortigianesca condannati dal nascere all’impotenza. Il popolo d’Italia intende costituirsi in Nazione: cerca una forma di Nazionalità che più convenga a’ suoi futuri destini in Europa ; e questa forma non può uscire che dal volo di tutti, non può sancirsi accettata da tutti e durevole fuorché da una Assemblea Costituente Italiana. La parola proferita, con autorità di potere, da Montanelli e Guerrazzi, avrà presto o tardi adesione, non dai principi, ma dai popoli di tutta Italia. La scienza politica d’un popolo che si rigenera è semplice; i sofismi e i trovali cortigianeschi non prevarranno lunga ora. E s’anche la Costituente Italiana decreterà Monarcato e Federalismo, noi, repubblicani unitarii, non rinnegheremo ciò eh’ oggi diciamo. Deploreremo immaturi i tempi e ineguali gl’intelletti al concetto che solo può svolgere la terza Italia, I’Italia del Popolo ; rivendicheremo, come s’addice ad uomini liberi, diritto di pacifica espressione alle nostre dottrine ; ma rispetteremo la monarchia ringiovanita per battesimo popolare e la federazione uscita dal libero voto della Nazione. Avremo almeno una Patria. Oggi non abbiamo che cadaveri di monarchie, governucci inetti o tirannici, e gran parte della nostra terra in mano dell’Austria. XVII. In mano dell’Austria! È parola questa, o giovani, che suona insulto a noi tutti, e non dovrebbe lasciar nell’anima vostra campo a pensieri fuorché di guerra, uè a me conceder parole fuorché di guerra. La terra Lombarda è schiava. Il croato ride stolidamente feroce in Milano dei nostri librij dei nostri Circoli, del nostro cinguettio di sofisti. Libertà! Noi non possiamo, non che applicare, intendere^ proferir degnamente la santa parola col marchio dell’impotenza e della schiavitù sulla fronte. Noi non possiamo avere, non meritiamo Costituente, nè Patria, nè diritti, nè nome d’uomini finché la nostra bandiera non sventoli, terrore ai nemici e pegno di salute pei figli alle nostre madri, sull’Alpi. Io non so se il lnngo esilio testé ricominciato, la vita non confortata fuorché d’affetti lontani o contesi, e la speranza lungamente protratta e il desiderio che incomincia a tarmisi supremo di dormire finalmente in pace, dacché non ho potuto vivere, in terra mia, m’irritino, e noi «redo,