277 governo , che dee cedere il luogo; dinanzi a chi ? Dinanzi l’intervento esterno? Se dunque gl’inglesi ed i Russi fossero alle nostre porle; se eglino ritornassero a dire : « Andate, sig. Barrot ; voi, tutto il gabinetto, liete un fantasma di governo; non siete l'espressione della maggioranza popolare; Luigi Filippo è il vostro re, egli era anch’egli generoso, benigno pe’ suoi sudditi; cedete il luogo », voi ve n’andreste, lasciereste i luoghi vuoti, e riguardereste gli'stranieri come liberatori? (Applausi u sinistra. ) «Soldati, continua il generale, accolliamo la disfida, marciamo sopì:! Roma. » Signori, fu egli mai un sovvertimento più manifesto di tutte le nozioni del diritto e dell’equità? ¡Non usciamo, di grazia, per un istante, dal diritto delle genti, che deh!»’essere rispettalo, poiché la guerra è empia; ella debb’essere condannala agli occhi di tulle le persone oneste, quand’ella non è [’effetto d'una necessità inevitabile. Or qui, qual e l'interesse che \i fa operare? Andate presso un popolo amico, senza esservi chiamati nè dalla popolazione, nè dal governo... (Interruzioni diverse.) Non avete neppur una parola, la qual provi che siete siati chiamali; e Pio IX, rammentatevene, vi rinnegherà, vi rimprovererà d’aver fatto scorrere il sangue de’Romani. Andate iu un suolo amico, dile ad un governo costituito, uscito, come il nostro, dal suffragio universale : «Voi non siete se non un ammasso di faziosi e ribaldi; levatevi da quel seggio, che avete usurpato; quanto a noi, siamo i più forti, dobbiamo imporvi la nostra volontà, dobbiamo ricondurvi ed il voslro Papa ed i vostri cardinali, che vi hanno lasciato dopo aver insanguinata la vostra città.» ( nolenti mormorii. ) Ecco il linguaggio che tenete. E quando, a fronte di tal linguaggio, quel governo vi annunzia l’intenzione di resistervi e difendersi, dite : « Soldati, accettiamo la disfida, marciamo sopra Roma.» Donde \iene la disfida? Non dall’Assemblea, ma da voi, che, a dispetto della volontà dell’Assemblea, contro la vostra parola, avete scatenata la guerra, mentre avevate promesso di far rispettare la pace. Il generale aggiunge: «Noi non troveremo per nemici nè le popolazioni, nè le truppe romane;-le une e le altre ci considerano come liberatori. (Se n’ebbe la pruova!) Non abbiamo a combattere se non luoruscili di tutte le nazioni, che opprimono questo paese, dopo avere involta nella loro la causa della libertà. Sotto la bandiera francese, per lo contrario, le istituzioni liberali riceveranno tulli gli sviluppi compossibili cogl’interessi ed i costumi della nazione romana. » Che altro è egli questo se non una dichiarazione simile a quella del maresciallo di Brunswick, che, egli pure in nome dell’ordine, — di quell’ordine che voi difendete, vale a dire di quell’ordine che si fonda sull’oppressione del gran numero da un piccol numero d’uomini — voleva che la rivoluzione francese spirasse sotto i colpi de’suoi soldati, e si spegnesse sotto le ceneri di Parigi? Voi usate Io stesso linguaggio; trattale da faziosi coloro che uscirono dal suffragio popolare; e dopo aver promesso che non fareste nulla contro il governo attuale di Roma, marciate sopra Roma con quesl’ordine del giorno violento !