477 r fatiche, fu ammesso un giorno alla presenza del Generale; parlarono ,i lungo; sortendo dalle sue stanze ¡1 Lombardo, era IMI Settembre, gli di>se: Generale, da oggi a tre mesi, prima che compiasi l’anno, voi dareste la vostra gloria di generale per non aver accettala e mantenuta la mediazione, di cui volete invano persuadere voi stesso. Voi non vedete che la (orza della Repubblica, il suo avvenire non riposa sulle baionette che scintillano dattorno all’Assemblea, ma su quelle che Srugginiscono alle laide dell’Alpi. — Voi altri Italiani siete sempre poeti — rispose il Generale sorridendo. — Sa Iddio con quali angosce nel cuore, oggi, -15 Dicembre, egli ripensa alla profezia di quell’esule. V. — Sonni di re. .........Compiono i quattro mesi dacché un Sovrano ni arrampicava sul murricciuolo di un orto e, superatolo, fuggiva attraverso i campi, approfittando della notte nera, rischiarata tratto tratto dalle fiamme rossastre degl’iucendii ch’egli avea comandali per cautelare la fuga. Dietro a quel fuggiasco qualche palla fischiò inavvertita nell’ aria, molte maledizioni si confusero al frastuono della cillà fremente e traditi) ... . — poi tenebre e silenzio di morie — e di nuovo ululi di disperazione, voci confuse d’altri fuggenti, pianto, strida di fanciulli e di madri, strepito d’armi spezzate sul lastrico, scalpito di cavalli accorrenti mi pei bastioni — e spesso, sovra ogni altro romore, il rimbombare cupo, assiduo, crescente del caunone che flagellava le case della venduta città .... — poi tenebre ancora e silenzio di morte! ... — Quel re chiamavasi Carlalberto di Carignano. Quella città era Milano. Quel cannone tuonava al comando del maresciallo Radelzky. Compiono i quattro mesi! Quattro mesi di agonia e di vergogna! Ed oggi, oggi in cui il pianto di tante vedove donne rammenta, a chi troppo presto dimentica, quella notte tremenda .... una voce che esce di sepolcro, domanda ai superstiti che cosa sia avvenuto di quel re, di quella cillà, di quel bombardatore........... Chiuso nella sua rocca, sua Maestà si addormenta dopo avere a lungo sbadigliato, col rosario alla mano, davanti all’oracolo de’suoi ministri. Consultato il suo confessore, della sacra Compagnia di Gesù, sulle 'igilie dell’Avvento e sull’avvenire d’Italia, Sua Maestà si addormenta mormorando un requie ai morti sul campo di Goito, ai fucilati per le vie di Milano! Lasciate passare la giustizia di Dio! Sua Maestà il re dorme. Ma ne’sonni reali giganteggiano visioni terribili! Un popolo di defunti, di spettri sanguinanti, mutilati, spaventevoli, accerchia i purpurei padiglioni del letto: una mano lunga, scarna, fredda, una mano di acciaio, strappa la corona d’oro dall’origliere del re, ed offre a lui in ricambio un chiodo di ferro: egli sorride, come fanciullo a pomo, davanti