212 Invauo si voleva sperare la disunione di due popoli, che vissero inni »einpre nell’ellicace desiderio della propria libertà, e a quello ognora consacrarono le sostanze, le fatiche, e la vita; 11011 potranno giammai contrastarsi il godimento della medesima, senza un forte pericolo per entrambi; e ciò pone l’altro principio di politica che render deve anche più tenacemente congiunte la Francia e l’Italia. Il bollore e coraggio di quest’ultima tenne gran volte in dubbio l’Europa intera, e l’armi Italiane si resero temute nella difesa dei proprj diritti ; se a epiesto naturale istinto si aggiunga lo sprezzo, e la prepotenza invidiosa dello straniero, che cerea porre in terribile contesa la libertà dell’Italia, a qual prezzo 1" offensore pagherà l’insulto alla nazione francese? No, non v’ha dubbio, alla Francia è di necessità l’alleanza d’Italia, e perciò non poteva sperarsi che i Francesi irrompessero sulla medesima per proteggere gli oppressori della tanto sospirata libertà. Diciamolo pure: furono ingannati, e di tale inganno si ravvederono gli stessi militi che fraternizzati col popolo spezzarono cjuelle armi che rivolte erano contro l’Italia. Le chiare note dell’Assemblea francese devono stare impresse in ogni cuore italiano: che cioè la Francia non mai interverrà a danno dell’Italia non solo, ma che non permetterà giammai che altra potenza oltraggi alla sua libertà ed indipendenza. — VIVA LA FRANGIA. — Pubblicato in Roma il di 7 maggio 1849. 19 Maggio. NOTA indirizzala dagl’ inviati della Repubblica romana in Parigi s al sig. ministro degli affari esteri della Repubblica francese. Dopo i colloquii, che avemmo l’onore di tenere col sig. presidente della repubblica, e con voi, sig. ministro, andammo persuasi che il governo francese, se ha cuore i destini del capo della Chiesa cattolica, non può restare indifferente alle sorti d'uu popolo, che alla perfine rivendica i suoi diritti. Certo, se il governo della Francia cattolica, e in un repubblicana, non può negare affetto al Papa, molto meno lo può al popolo romano, ora che si è accinto all’opera, ora che, malgrado il suo legittimo sdegno contro il dispotismo teocratico, questo popolo, divenuto arbitro di sè stesso, consacra il primo atto della sua sovranità ad assicurare e guarentire ai Pontefici il libero e pieno esercizio della loro autorità spirituale. E di vero, lietissimo, e per secoli solenne sarà per la Cristianità tutta, e singolarmente per Roma, quel giorno, in cui Pio IX, convinto del danno che alla religione recava la politica, e come dalla croce debba andare disgiunta la scure, rientrerà volonteroso nell’eterna città, fatta santa due volte per l’alleanza della religione e della libertà. Per la qual eosa , se fino al presente giorno non abbiamo fatte più calde istanze presso il sig. presidente della repubblica francese , e presso il ministro li egli affari esteri} perchè larepubblica romana fosse da essi ufficialmente